Oggi vi presentiamo ben due libri in contemporanea allo scopo di facilitare la comprensione di un periodo storico di fondamentale importanza per la città di Reggio: gli anni ’60 con il suo contesto politico-istituzionale. Per questo il libro di Magnanini “I comunisti reggiani negli anni Sessanta”, Consulta, e la raccolta di memorie “Gianetto Patacini. Un protagonista del «modello emiliano»”, Consulta, a cura di Glauco Bertani possono aiutare il lettore meno esperto nella scoperta di un periodo che ha contribuito alla creazione del “modello emiliano”.
Il panorama storiografico locale nel corso degli ultimi anni ha visto una crescente intensificazione degli studi sugli anni Sessanta. Si pensi, ad esempio, alle ricerche di Antonio Canovi, Azio Sezzi e Stefano Magagnoli ma anche ai diversi lavori sui fatti del luglio 1960 pubblicati da studiosi appartenenti a generazioni differenti. In effetti gli anni Sessanta rappresentano per Reggio Emilia un tornante importante della storia novecentesca. Filo conduttore di molti di questi studi è il ruolo assunto dall’ambiente politico ed istituzionale locale nel processo di sviluppo e trasformazione della realtà reggiana negli anni del boom economico. In questa prospettiva l’esperienza reggiana viene analizzata come un caso emblematico del cosiddetto «modello emiliano» che sempre più tende ad essere rideclinato nella sua dimensione storica, emancipandosi dalla tradizionale impostazione economica e sociologica. Se certamente il «modello emiliano» si basa su una molteplicità di elementi economici, sociali e politici, la cultura comunista assume un’importanza centrale per la capacità di integrare i diversi fattori all’interno di un progetto politico riformista destinato a misurarsi con i processi d’industrializzazione e modernizzazione. Nel caso reggiano poi il ruolo egemone esercitato dal Pci nella società locale fin dal secondo dopoguerra, l’interazione tra istituzioni locali e partito comunista ma anche l’eredità culturale social-comunista sollecitano la riflessione sull’esperienza storica del partito comunista.
In questo contesto si collocano due recenti volumi che, pur da prospettive differenti, incrociano il tema della funzione del ceto politico-amministrativo comunista nella stagione aurea del «modello emiliano». Il primo è la monografia di Giannetto Magnanini dedicata a I comunisti reggiani negli anni Sessanta nel quale l’autore affronta la questione della presenza e azione dei militanti ed amministratori reggiani del pci. Il volume è incentrato sui «lunghi anni Sessanta» in quanto ampio spazio viene riservato anche a vicende e situazioni degli anni Cinquanta e si chiude con una rapida «incursione» sugli anni Settanta. Nonostante la memorialistica riguardante il pci reggiano sia ormai piuttosto ricca, fino ad ora mancava uno studio sistematico che abbracciasse questo tema. Peraltro, si tratta di una ricerca che, in qualche modo, si pone a coronamento di un intenso lavoro di scavo sul movimento operaio reggiano durante il quale Magnanini ha avuto modo di occuparsi anche di alcune personalità della sinistra reggiana del novecento.
La ricerca oltre ad attingere ad un ampio ventaglio di fonti (ufficiali e non) si avvale anche di numerose interviste rilasciate da diversi protagonisti nonché della diretta testimonianza dell’autore. Ne emerge una ricostruzione intensa, vivace e appassionata grazie alla quale è possibile ricostruire dall’osservatorio del Pci reggiano alcuni grandi snodi della vicenda politica locale, nazionale e internazionale di quegli anni: dalla crisi d’Ungheria alla conferenza regionale del 1959, dai fatti del luglio 1960 alle vicende del movimento studentesco. La ricerca di Magnanini costituisce dunque una «finestra» dalla quale esaminare diversi passaggi fondamentali della storia novecentesca e la sua interpretazione nel dibattito politico interno alla federazione reggiana del Pci. Sul piano poi delle pratiche amministrative viene tracciato un quadro complessivo dell’azione svolta dagli amministratori del Pci nella costruzione del welfare locale, confermando il ruolo cruciale del Pci nella mediazione tra società ed istituzioni locali per la costruzione del «modello emiliano».
Al tempo stesso la ricerca, come si evince anche dal titolo, si configura come uno studio prosopografico attraverso il quale fornire una biografia collettiva del personale del Pci reggiano negli anni Sessanta. In questa chiave il lavoro presenta senza dubbio un notevole interesse in quanto delinea in modo organico il profilo di una componente fondamentale della classe dirigente locale del secondo dopoguerra. Dai percorsi familiari, sociali, culturali e amministrativi della generazione comunista nata tra il 1938 e il 1946 traspare il carattere di un impegno civile e politico destinato ad assumere i tratti della «missione» nella quale esperienza individuale e collettiva tendevano inevitabilmente a intrecciarsi e sovrapporsi. L’effetto dell’adesione al partito sulla vita dei militanti emerge in modo evidente nelle vicende dei funzionari di partito e di cui la federazione di Reggio Emilia fu una vera e propria fucina da utilizzare nel resto d’Italia nel lavoro di costruzione del partito comunista così come nelle campagne elettorali.
Al’’interno della galleria di dirigenti politici, amministratori e militanti del Pci tratteggiata da Magnanini rientra anche la personalità di Gianetto Patacini a cui è dedicato il bel volume curato da Glauco Bertani: Gianetto Patacini. Un protagonista del «modello emiliano». Frutto di un’accurata ricerca, il libro offre un contributo importante per delineare il percorso biografico di una personalità molto autorevole dell’establishment comunista emiliano del secondo novecento. Patacini (1926-1982) originario di Prato di Correggio dopo l’esperienza resistenziale assunse incarichi organizzativi nel Pci percorrendo poi una lunga carriera politico-amministrativa; eletto sindaco di San Martino in Rio nel 1951 in seguito fu consigliere, assessore ai Trasporti, allo Sviluppo Economico e poi vice Presidente della Provincia tra il 1956 e il 1969. Divenuto nel 1969 segretario della federazione del Pci reggiano si dimise dalla carica di assessore. Con le elezioni del giugno 1970 fu eletto nel Consiglio comunale di Reggio Emilia per poi assumere incarichi a livello regionale; divenuto dirigente regionale del Pci, nel 1977 fu presidente dell’Ervet mentre nel 1980, eletto nel consiglio regionale dell’Emilia-Romagna, fu nominato assessore alla Formazione, Lavoro e Scuola.
I sette saggi di cui si compone il libro ripercorrono in modo esaustivo i moltepliciaspetti di un itinerario politico-amministrativo la cui ricostruzione è stata resa possibile grazie anche all’utilizzo dell’archivio personale di Patacini, custodito presso il Comune di San Martino in Rio ed ora depositato presso il Polo archivistico del Comune di Reggio Emilia. Se dunque Nadia Caiti si sofferma sulla cruciale fase della formazione politica del dirigente comunista, Glauco Bertani in due approfonditi saggi illustra l’intensa esperienza di Patacini dapprima come amministratore in Provincia e quindi come segretario del Pci a Reggio Emilia; Michele Bellelli tratta poi dell’attività di Patacini in Consiglio comunale a Reggio mentre Anna Fava si occupa dell’operato in Regione. I diversi capitoli in cui si articola l’opera contribuiscono dunque a tracciare il profilo di un «uomo delle pubbliche istituzioni» che trova nella cultura di governo e nel pragmatismo il filo conduttore in grado di alimentare una progettualità politica dalle forti idealità.
In questo senso il sottotitolo del volume Un protagonista del «modello emiliano» è ampiamente giustificato dai saggi contenuti nel libro, arricchiti tra l’altro da una corposa appendice comprendente anche una testimonianza di Alessandro Carri.
In definitiva, quindi, i volumi di Magnanini e Bertani si configurano come due stimolanti contributi per la ricostruzione storica dell’identità comunista locale, fornendo anche importanti tasselli per la realizzazione dell’auspicata storia della federazione reggiana del Pci.