La storia del partigiano russo Anatolij Makarovič Tarasov, italianizzato in Tarassov, arrivato dopo varie peripezie a combattere come partigiano nel reggiano, è la nostra proposta letteraria di oggi. Il suo diario “Sui monti d’Italia”, è un classico della letteratura resistenziale, di importante valore perché ci consegnano un punto di vista particolare della lotta per la Liberazione nel reggiano e nel modenese.
Il leningradese Tarassov, subito dopo 1’8 settembre 1943, si sottrasse alla prigionia tedesca. Fu ospite dei Cervi, operò con loro, e con loro fu catturato il 25 novembre.
Dopo alcuni mesi fuggì da un carcere veronese: e si portò nuovamente nella pianura reggiana, ove partecipò ad altre azioni armate. Conobbe varie famiglie contadine frequentando le case di latitanza ed ebbe modo pertanto’ di conoscere ed apprezzare i veri sentimenti del nostro popolo. Quindi, nell’estate, fece parte del «Battaglione russo» dipendente dal comando partigiano modenese della montagna. Con molti suoi compatrioti e partigiani italiani, attraversò in autunno la «linea gotica». Fu a Firenze, a Salerno, a Roma. Qui le autorità sovietiche lo incaricarono di tornare al Nord con il compito di ricercare nelle nostre zone suoi connazionali per favorirne il rimpatrio o l’inserimento nelle formazioni partigiane. Nell’ultimo periodo di lotta, visse con la formazione dei russi che erano incorporati nel «Battaglione Alleato» di Reggio Emilia e partecipò agli ultimi fatti d’arme di quel reparto speciale, quindi rimpatriò.
Quando Alcide Cervi andò nell’URSS, Tarassov non poté incontrarlo, ma da allora scrisse spesso a lui ed, a vari partigiani reggiani e modenesi. Si mise in tal modo a coordinare i ricordi e ne nacque il libretto, che fu edito a Leningrado nel 1960. Scopo dichiarato dello scritto, era quello di contribuire a far conoscere nell’URSS i vincoli di amicizia e di fratellanza che durante la guerra di liberazione si instaurarono tra il popolo italiano e i soldati russi sbandati.
Il testo apparve a puntate su «Ricerche Storiche» tra il 1973 e il 1974, ma le ANPI di Reggio e Modena, per farlo più largamente conoscere, lo fecero ristampare, completandolo con alcune pagine scritte dallo stesso Tarassov, dedicate in particolare ad Alcide Cervi, cosi come egli lo rivide in Italia ad oltre vent’anni di distanza.
Della parentesi straordinaria della sua vita in Italia, l’autore narra appunto nel libretto, ove parla tra l’altro dell’attività partigiana dei primi mesi e quindi dei Cervi, di Don Borghi che conobbe a Tapignola, di varie famiglie che lo ospitarono; delle vicende dei combattimenti di Montefiorino; delle sue impressioni singolari sulla situazione dei partigiani che si erano portati nell’Italia libera ecc.
L’autore, ovviamente, scrive tenendo conto degli interessi dei lettori sovietici ed anche della necessità di giovare alla causa di quei soldati dell’ Armata rossa che, finiti nelle mani dei nazisti e poi divenuti partigiani, non sempre avevano trovato in patria una piena comprensione, almeno sino al sopraggiungere del «disgelo ».
Che la sua testimonianza sia di molto interesse anche per noi, è dimostrato dal fatto che il brano di straordinaria freschezza dedicato alla cattura dei Cervi è stato a suo tempo riportato su Storia della Resistenza di Secchia e Frassati. Un altro brano è stato utilizzato da Carlo Galeotti nel suo Don Pasquino Borghi medaglia d’oro. Lo scritto di Tarassov contiene anche qualche inesattezza essendo stato impossibile per lui, straniero, conoscere in tutte le sue pieghe la realtà che lo circondava. Ma qualche neo è comprensibile in un libro che è soprattutto la testimonianza appassionata di
un protagonista di eccezione e non uno studio storico.
La traduzione è di Riccardo Bertani. Nelle note, che sono state elaborate dall’Istituto storico della Resistenza, sono da segnalare due documenti (i cui originali si trovano all’Archivio Centrale di Stato) riferentisi ai disarmi dei Carabinieri di Toano e S. Martino in Rio, operati dalla squadra di Aldo Cervi.