Sabato 27 aprile, si è tenuta la posa di una nuova Pietra d’inciampo per una vittima del nazismo e del fascismo a Rubiera,

Istoreco, il Comune di Rubiera, l’Anpi di Rubiera, l’Istituto comprensivo di Rubiera e i famigliari si sono ritrovati in mattinata di fronte alla casa di Guido Sighinolfi in via Sant’Agata 13, nella località di Sant’Agata. E’ l’ultimo luogo in cui Sighinolfi ha vissuto da uomo libero, prima di essere arruolato nell’esercito italiano, catturato dopo l’armistizio ed essere deportato prima in Polonia e poi in Germania, dove muore.

Alla posa hanno partecipato il sindaco Emanuele Cavallaro, le autorità, le classi che hanno lavorato sulla biografia del loro concittadino e persone legate alla famiglia Sighinolfi.

LA BIOGRAFIA

Guido nasce a Nonantola, in provincia di Modena, il 13 aprile 1921. I genitori sono originari del modenese e dopo il matrimonio, avvenuto il 29 maggio 1919, si trasferiscono oltre il Secchia. Il padre, Ernesto, è bracciante agricolo e la madre, Emma Mazzoli, è massaia. La famiglia si stabilisce nella frazione di Sant’Agata di Rubiera dove nascono Evelina (1922), Ada (1923), Dario (1924), Antina (1926) ed Odetta (1929). Dario ed Odetta muoiono dopo pochi giorni dalla nascita, mentre Evelina, Ada e Antina, dopo la fine della Seconda guerra mondiale si sposano e si trasferirono a Modena.

Viso ovale, naso aquilino, bocca stretta, capelli e occhi castani, 1 metro e 60 centimetri di altezza, ha frequentato la terza elementare e sa leggere e scrivere. Così Guido viene descritto nel suo foglio di leva, il documento che contiene informazioni sul suo servizio militare.

È chiamato alle armi il 21 gennaio 1941, inizialmente nel 33° Reggimento fanteria carrista e nel dicembre dello stesso anno inviato in Libia, a Bengasi. Nel maggio del 1942, come meccanico, è aggregato nel 21° Parco Speciale Automobilistico e nell’aprile del 1943, rimpatriato in Italia al Parco Automobilistico in Bologna.

Quando l’8 settembre 1943 l’Italia si arrende incondizionatamente agli Alleati anglo-americani, Guido, come centinaia di migliaia di soldati italiani, si rifiuta di continuare la guerra insieme ai fascisti e al fianco della Germania nazista. Diventa così uno dei tanti Italienische Militärinternierte, i militari italiani deportati e internati in Germania (IMI).

Guido viene deportato, in un primo momento, nello Stalag IIB, nella Polonia sotto la dominazione nazista e poi in Germania, nello Stalag IIIA di Luckenwalde. Il suo corpo è troppo debilitato dal lungo periodo di prigionia, Guido muore di malattia il 5 agosto 1945, circa quattro mesi dopo la Liberazione dello Stalag. Ha solo 24 anni. Oggi le sue spoglie riposano nel cimitero di Nonantola, suo paese natale.

Grazie ai documenti è stato possibile ricostruire alcuni spostamenti della famiglia Sighinolfi. Come braccianti erano costretti a trasferirsi quasi stagionalmente in cerca di lavoro. Il domicilio della famiglia si sposta in varie abitazioni rurali e poderi della zona, molti di questi non più esistenti oggi. Proprio per l’impossibilità di stabilire con certezza l’abitazione della famiglia e di Guido, si è scelto di posare la Pietra di Inciampo alla sua memoria di fianco alla chiesa di Sant’Agata, simbolo della frazione.

 

LE PIETRE D’INCIAMPO

La Pietra d’inciampo è una piccola targa in ottone (10×10 cm) a scopo commemorativo, prodotta dalla bottega dell’artista berlinese Gunter Demnig, posta su un san pietrino e installata davanti alla casa in cui le persone arrestate vivevano ancora liberamente prima di essere portate via dalla polizia fascista o nazista.

La provincia di Reggio Emilia ospita già oltre 100 “Pietre d’Inciampo” in memoria dei suoi cittadini deportati e uccisi, facendo così parte di questo grande monumento diffuso che si sta costruendo in tutta l’Europa. Per altri dettagli, www.inciampa.re.it