Una ponderosa e puntuale ricostruzione di una realtà storica, qual è stato il rinnovato fascismo della Repubblica sociale italiana a seguito del rientro in Italia di Mussolini una volta liberato dalla prigionia di Campo Imperatore da un ardito blitz tedesco del 12 settembre 1943 sino alla Liberazione del 25 aprile 1945.
Questa è in estrema sintesi l’opera di ricerca storica “Il volto del nemico. Fascisti e partigiani alla guerra civile, Modena 1943-1945”, che costituisce un vero e proprio unicum anche a livello nazionale.

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L’autore Giovanni Fantozzi si è già reso noto ed apprezzato per precedenti ricerche storiche inerenti vicende del dopoguerra e anche della guerra: nel 1990 Vittime dell’odio. L’ordine pubblico a Modena dopo la Liberazione,1943-1946 e nel 2006 Monchio 18 marzo
1944. L’esempio che è la più accurata e completa descrizione dei misfatti compiuti nel marzo del 1944 con ben 131 civili trucidati in quel di Monchio, Costrignano e Susano, al tempo comune di Montefiorino e 22, essi pure civili, tra cui anche l’anziano parroco don Pigozzi, a Cervarolo di Villa Minozzo dai militari tedeschi della Hermann Göring.
Dopo un’ampia prima parte sulla realtà politica, sociale ed economica di Modena e
provincia che prende inizio sin dalla fine del Ducato austro-estense e dall’Unità nazionale ed arriva agli anni sempre più difficili della guerra in cui il fascismo nel 1940 aveva coinvolto l’Italia si giunge ad una parte seconda tutta dedicata al fascismo repubblicano ed alle sue molte e contrastanti anime, dai moderati ai violenti, dai continuatori del vecchio fascismo agli innovatori repubblicani e rivoluzionari, i cosiddetti «fascisti rossi o di sinistra». Quest’ultima componente prendeva origine dall’ambiente irrequieto del Guf e darà vita al periodico «Valanga Repubblicana» diretto da Rino Lavini, il cui «bersaglio più diretto e feroce di ogni attacco resta comunque il capitalismo che, dopo esser stato responsabile dello scatenamento del conflitto, tenta, per il tramite dell’alleanza con il comunismo reazionario, di mantenere i propri privilegi ai danni delle classi lavoratrici».
Interessanti poi i capitoli dedicati sia ai funzionari prefettizi ed ai capi provincia, così infatti vennero ribattezzati i prefetti del Regno: questi sono combattuti tra il lealismo alla Rsi, nuova entità pubblica da cui dipendono ed il necessario «doppio gioco» o convivenza
con il movimento resistenziale che per i funzionari più accorti rappresenta il futuro politico del dopoguerra, ritenendosi ineluttabile la sconfitta della Germania nazista.

Parimenti interessante, anche perché riempie un vuoto nella ricerca storica, è il capitolo dedicato al «precario equilibrio» degli amministratori dei comuni, podestà o commissari prefettizi.
Significativa è la specifica attenzione a due podestà dei comuni di Zocca e Nonantola che, nominati nel ruolo prima del 25 luglio 1943, continueranno nella funzione ininterrottamente sino alla Liberazione. Entrambi nel periodo ovviamente stringeranno buoni rapporti con la Resistenza.
Un capitolo è dedicato all’esercito della Rsi voluto espressamente da Mussolini con la chiamata alle armi obbligatoria di intere classi di giovani. La decisione lasciò perplesse le autorità tedesche che limitarono il loro addestramento in Germania a 57.000 unità, delle quali solo 12.000 potevano essere reclutate tra i militari del Regio esercito internati in Germania dopo l’otto settembre 1943. Vennero così costituite quattro divisioni (Monterosa, Littorio, Italia, e San Marco) che videro al loro rientro in Italia molte diserzioni anche perché vennero utilizzate contro i partigiani: solo l’«Italia» venne utilizzata in Garfagnana a Barga contro la divisione usa «Buffalo» costituita da neri.
Oltre all’esercito di leva la Rsi dette vita a corpi armati volontari come la Guardia
nazionale repubblicana, cui aderirono prevalentemente a ex-componenti della disciolta
Milizia volontaria per la sicurezza nazionale.
Alla Gnr presto si affiancò una vera e propria pletora di altri corpi armati di volontari
come il battaglione bersaglieri «Mussolini» di Verona, la Decima Mas di Junio Valerio Borghese, le SS italiane e le «ausiliarie» il primo reparto militare femminile della nostra storia.
Nell’estate del 1944 a seguito dell’avanzata alleata che libererà Roma e tutta l’Italia centrale tutte queste formazioni verranno sostituite dalle Brigate nere, e cioè dalla militarizzazione del partito fascista repubblicano.

Gli ultimi capitoli del libro sono dedicati alla lotta armata in montagna tra partigiani e forze armate tedesche appoggiate anche da formazioni militari della Rsi, con particolar riguardo alla operazione tedesca denominata «Wallenstein» che, tra la fine di luglio ed i primi giorni dell’agosto 1944 scompaginerà le forze partigiane che avevano dato vita alla Repubblica di Montefiorino comprendente i comuni montani reggiano-modenesi tra il Secchia e il Dolo. Pari attenzione è dedicata anche alla guerriglia partigiana nella pianura modenese.
Nel marzo del 1945 gli eserciti alleati sferrano l’ultimo attacco alla Linea gotica, sfondandola nella pianura romagnola sul fiume Senio. Nel successivo aprile gli alleati passano all’offensiva anche sugli Appennini, liberando il 14 aprile il comune di Montese.
E di qui la precipitosa fuga verso nord sia dei tedeschi che della Brigata nera, che vagheggiava quest’ultima una resistenza finale nel cosiddetto, ma nei fatti inesistente, Ridotto della Valtellina.
L’epilogo del libro è poi dedicato alle violenze del dopo 25 Aprile: «per oltre un anno e mezzo vendette ed esecuzioni sommarie a sfondo politico insanguineranno il modenese, e con maggiore o minore intensità tutta l’area emiliana».

Degna di nota è la scrupolosa ricerca delle fonti con particolar riguardo all’operato dopo la Liberazione delle Corti straordinarie di assise che giudicheranno, anche commiando
la pena di morte, quadri politici e militari della Rsi. Vanno anche citate per la loro novità le pagine in appendice con l’indicazione sia dei quadri dirigenti del fascio repubblicano, comune per comune, e la cronologia delle rappresaglie ed esecuzioni sia tedesche che fasciste, ed anche di quelle attuate congiuntamente.

Danilo Morini