Ho avuto il piacere di leggere in tedesco a Berlino In Italia sono tutti maschi, di Luca de Santis e Sara Colaone, Kappa Edizioni del 2010.
Seduto in un bar del quartiere omosessuale nella capitale che fu già del nazionalsocialismo, chi scrive non riusciva a percepire la ridondanza irritante provocata oggi dalla lettura in lingua originale (la nostra) di questa interessante graphic novel nel Paese deputato: se in Germania gli omosessuali sono stati torturati e chiusi nei campi di concentramento, in Italia Mussolini li ha confinati, affamati e messi al bando, come vergogna nazionale da dimenticare. E se in Germania alla luce di tanta sofferenza l’emancipazione omosessuale è giunta in Parlamento a condividere le sorti politiche di quel paese, nel nostro la sorte omosessuale resta in bilico, tra fatalità clericale e malizia laica di governi pavidi. Gli autori di quest’opera, Luca de Santis e Sara Colaone, hanno dato nel 2010 alle stampe per i tipi Kappa Edizioni uno scrigno prezioso d’informazioni poco note ai più nel territorio italiano, sia del tempo cui questa novella è ambientata, sia del carattere sociale importante, che l’omosessualità ha sempre avuto, come dato naturale da stigma a queste latitudini. In Germania il finale di quest’opera si stempera nell’insieme di tante altre storie conosciute e in parte a lieto fine, la stessa opera in patria emerge invece ridondante dal mucchio di narrazioni memoriali, lasciando tanto amaro nel cuore, perché dopo l’ultima pagina il lettore procede pur sempre su di un dizionario italiano carente, ritardato, volutamente approssimativo; lasciato a se stesso al di fuori di ogni programmazione. In una parola: stivato. «Siamo disperati, brigadiè e quando si è disperati ci si può prendere il lusso di essere quello che si vuole», dice Antonio Angelicola, detto Ninella, eroe della storia, mandato al confino nel 1939 dopo un processo sommario per pederastia – «…con grande pregiudizio per la moralità pubblica e integrità della stirpe» (ergo «Italica») secondo la sentenza letta dal questore fascista. Braccati, tratti in trappola con l’inganno dalla polizia, picchiati, arrestati, umiliati e mandati in poche ore al confino, tutti questi ragazzi nel pieno della loro vitalità furono strappati così alla loro vita e mandati – nel caso di questa storia – all’isola di San Domino, nell’arcipelago delle Tremiti. Tra costoro Ninella, che fa il sarto di professione, conoscerà tanti come lui, provenienti dal resto d’Italia, uniti entro una familiare convivenza fatta di scherzi, provocazioni, ripicche e imboscate. Il lusso di esser quel che si vuole nella disperazione della prigionia, anche in tal caso portò come nei campi di concentramento e nei ghetti alla comunanza d’abiezione dei prigionieri con gli aguzzini. E se in preda a un cliché sull’omosessualità, si potrebbe ridere sotto i baffi, pensando malignamente a quanto si saranno divertiti in un’isola tutta per loro, la verità è che hanno sofferto la fame e le violenze anche sessuali, cui i brigadieri guardiani in verità li costrinsero, sotto ricattato e fuori da ogni legge.
Le vicende raccontate in questo libro sono tutte vere e raccolte in un’unica trama, che amareggia nel racconto tragico che il vecchio Ninella fa decenni dopo, nel nostro tempo presente (!) a una troupe di giornalisti, tratteggiati dagli autori con benevolenza, nella loro mestierante indelicatezza. Sono stati circa quattrocento gli internati, privati non solo della loro dignità ma di una legislazione che potesse tutelarne quantomeno la salute, i diritti che ogni prigioniero dovrebbe avere. Gli schiavi nelle galee erano destinati ad affondare con le navi durante le battaglie navali dell’Impero, gli schiavi nel Ventennio a cinque spregevoli lire al giorno erano gli omosessuali nelle officine, sartorie e spacci dell’esilio ad affondare lentamente nelle sabbie mobili del fascismo.
Salvatore Trapani