È stata inaugurata il 21 giugno scorso, a Budapest, in Ungheria, la targa che ricorda Francesco Tirelli, Giusto tra le Nazioni di Campagnola Emilia, che nascose delle famiglie ebrei dalla deportazione nascondendoli nella sua bottega da gelataio in via Rottenbiller 66. Alla cerimonia ha partecipato il sindaco del 7° distretto di Budapest Péter Niedermüller, l’abasciatore di Israele in Ungheria Jakov Hadas-Handelsman, l’ambasciatore italiano a Budapest Manuel Jacoangeli, oltre allo storico Gabor Dombi, con cui Istoreco ha da tempo un rapporto di collaborazione, che è intervenuto raccontando la storia di Tirelli.
Francesco Tirelli (1898-1954) è stato riconosciuto Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem nel 2008. Originario di Campagnola Emilia, abbandonò l’Italia negli anni della guerra per trasferirsi a Budapest, dove aprì una piccola gelateria. Di fronte alla drammatica situazione della persecuzione degli ebrei in Ungheria, Tirelli decise di non voltarsi dall’altra parte e aiutare un gruppo di ebrei che erano stati obbligati ad abbandonare i loro nascondigli, nei pressi di Budapest. Le testimonianze dei sopravvissuti e un saggio di Angiolino Catellani, suo concittadino, pubblicato nel 2014 su Riviste Storiche, hanno portato alla luce la sua straordinaria opera di salvataggio e il grande impegno nella protezione degli ebrei perseguitati. La sua bottega, insieme ad altre “case di salvataggio” da lui organizzate, diventò infatti il porto sicuro di molti ebrei ungheresi, che riuscirono a sfuggire al rastrellamento e alle deportazioni verso Auschwitz avviate in Ungheria nel maggio del 1944.
Tra i perseguitati messi in contatto e aiutati da Tirelli, c’era Chana Hedwig Heilbrun, rifugiata in Ungheria dalla Cecoslovacchia con la famiglia. Così un altro piccolo rifugiato, Yitzchok Meyer, nascosto con la famiglia nei sobborghi di Budapest, nel dicembre ’44 e condotto con i suoi cari da Tirelli. Alcuni di loro, da 15 a 20 persone, erano nascosti nel retrobottega del negozio di Tirelli e dormivano sugli scaffali del magazzino. La Heilbrun e sua madre dimoravano in casa di Tirelli. Ogni giorno Tirelli visitava i suoi protetti nei nascondigli, portando loro cibo e occupandosi delle loro necessità sanitarie.
Due sopravvissuti, Chaim Meyer e Chana Hedwig Heibrun hanno dichiarato che il ‘gelataio’ aveva anche acquistato
passaporti falsi per i rifugiati, mettendo a rischio la propria vita.
Il riconoscimento ufficiale di ‘Giusto tra le Nazioni‘ non è stato tuttavia sufficiente per i sopravvissuti. Per anni infatti hanno cercato di rintracciare i figli di Tirelli e lo stesso Meyer si è rivolto all’ambasciata italiana di Tel Aviv per “dire grazie ai figli del ‘gelataio’ italiano che a Budapest, negli anni più bui, gli ha salvato la vita”.
“Le vite e la morte di Francesco Tirelli”, di Gabor Dombi, RS-Ricerche Storiche PARTE 1 – PARTE 2
LEGGI L’APPROFONDIMENTO DI VIVIANA SACCANI SULLA STORIA DI TIRELLI