Dal 2010, per decisione unanime dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, il 18 luglio è diventato il Mandela Day, ovvero la giornata internazionale dedicata a una delle personalità più iconiche del secolo breve. Quali sono le motivazioni di questo atto ufficiale (e tutt’altro che formale)? Nelson Rolihlahla Mandela, ha vissuto tante vite, nel corso di novantacinque anni. Nato, appunto, il 18 luglio 1918, appartenente a uno dei clan regali dell’etnia Xhosa, dai missionari ha ricevuto i primi rudimenti dell’educazione occidentale e un nome nuovo di zecca, ovvero Nelson – il suo, in lingua isiXhosa, ovvero Rolihlahla, cioè combinaguai, risultava impronunciabile.

Negli anni 1940, da studente universitario, è stato tra i fondatori della lega giovanile dell’African National Congress (ANC), per poi affermarsi, dal 1948 in avanti, come politico carismatico e avvocato, insieme all’amico e socio Oliver Reginald Tambo, che diventerà, poi, futuro presidente dell’ANC e protagonista dell’amicizia tra Reggio e l’Africa australe. Incarcerato per tradimento dal Sudafrica razzista e condannato all’ergastolo con altri leader dell’ANC, nel 1963, Mandela divenne il prigioniero politico e di coscienza più famoso del mondo , ma anche il più difficile da identificare, visto che furono pochissime le sue immagini “rubate” alla quotidianità del carcere di Robben Island. In Europa, per i militanti della lotta all’apartheid così come per l’opinione pubblica in generale, il suo volto si identificò con il disegno dell’artista reggiano Nani Tedeschi, ispirato a una vecchia fotografia scattata durante il processo del 1962. Liberato nel 1990, egli divenne il negoziatore dell’ANC, insieme all’attuale presidente Cyril Ramaphosa, al tavolo di confronto con la stessa controparte bianca, che aveva guidato il paese nei precedenti cinquant’anni. Nelle prime elezioni a suffragio universale, della fine di aprile del 1994, Mandela divenne il primo presidente del Sudafrica democratico e, alla cerimonia di insediamento, prese parte anche una delegazione di Reggio, quale segno di gratitudine e di amicizia per il supporto ricevuto negli anni più duri.

Una volta passato il testimone della guida del paese, nel 1999, tuttavia, il suo impegno ha assunto forme inedite, ad esempio supportando il diritto globale all’educazione, offrendo strumenti alle comunità per rafforzare la propria resilienza, affiancando il malati di Aids (africani e non) nelle loro lotte. Al di là del valore dei suoi anni di militanza, da uomo libero anche quando costretto a spaccare pietre, forse sono state proprio le iniziative degli anni maturi a spingere l’assemblea generale delle Nazioni Unite a rendere il giorno del suo compleanno il giorno in cui, a ciascun cittadino, è chiesto di mettersi a servizio degli altri per sessantasette minuti. Tanti minuti quanti gli anni spesi nell’impegno politico e civile da Nelson.

Ecco allora che il Mandela Day non è semplicemente una celebrazione dell’esempio di un grande essere umano, bensì, piuttosto, un invito a prendere coscienza del potere che ognuno di noi ha di impattare positivamente nel contesto in cui vive. E di farlo ogni giorno, perché, come scriveva Rolihlahla: “È la nostra luce, non la nostra ombra, a spaventarci di più”. Mai come quest’anno, auguro a tutti che sia un Mandela Day fruttuoso, colmo di umanità e di solidarietà.

Amandla!

Chiara Torcianti, responsabile dell’Archivio Reggio Africa