Il clima primaverile e di speranza probabilmente aiutò le donne e i giovani reggiani che quel giorno ebbero il compito di provare a insorgere.
Ancora i nazisti tedeschi erano presenti sul territorio e i fascisti della Rsi erano tesi per il sentore della fine del conflitto.
«L’iniziativa, lanciata dal Partito Comunista, approvata dal Cln e fatta propria dai Gruppi di difesa della donna e dai comandi partigiani, aveva lo scopo principale di sperimentare in quale misura le masse popolari avrebbero risposto all’appello.
La manifestazione che passò sotto il nome di giornata insurrezionale, fu indetta per il 13 aprile. Le formazioni partigiane avrebbero appoggiato e protetto i manifestanti. Il Fronte della Gioventù avrebbe avuto un suo ruolo.
Si trattava insomma di un allineamento quasi totale delle forze della Resistenza che dovevano muoversi simultaneamente, in vari punti della provincia, disorientando i nemici e dando la dimostrazione della capacità di mobilitare la popolazione da parte degli organismi clandestini».
Nelle parole di Guerrino Franzini, Frigio, tratte dalla sua fondamentale “Storia della Resistenza reggiana”, capiamo la maturità ormai raggiunta dal movimento resistenziale reggiano che faticosamente aveva raggiunto il suo apice intellettuale e militare nel momento insurrezionale finale.
Certo di poter contare su una massa di donne e giovani sfiniti dal conflitto, dalla fame e dalla miseria, il movimento di resistenza ottenne un successo di partecipazione. Ma, visto che si trattava di una guerra, purtroppo anche vittime.
Moti insurrezionali si ebbero in tutta la provincia, ma a Reggio quel giorno di primavera confluirono circa duemila donne che si radunarono, nonostante il divieto, davanti alla Prefettura di Corso Garibaldi, entrarono e chiesero di parlare con il capo della provincia, cosa che non ottennero. Solo un funzionario uscì.
Che cosa chiedevano le donne? Distribuzione di cibo, di grassi, la fine del conflitto. Erano molte e i militi della Gnr di guardia intimiditi lanciarono delle bombe a mano per disperderle non causando feriti. Tuttavia alcune di loro vennero arrestate.
Le donne non mollarono la presa e chiesero la liberazione delle compagne e, spostandosi poco più in là, anche quella dei detenuti politici nel vicino Carcere dei Servi. Qui i fascisti spararono ferendo una manifestante.
Contemporaneamente il Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile nata dal Cln, agiva nella sede dell’Istituto Secchi (nell’attuale palazzo dei Musei) e in viale Trento e Trieste presso lo scuole Iti e Zanelli.
I ragazzi svolsero azioni di propaganda antifascista attraverso gli altoparlanti o distribuendo volantini.
Hermes Grappi, fra i protagonisti di quel giorno, ricorda l’azione al Secchi in articolo di Ricerche Storiche: «Sembravamo anche noi studenti. Chiedemmo di conferire con il preside. Senza difficolta ci fu consentito di entrare. Accompagnati dal mite bidello, salimmo svelti lo scalone e fummo accompagnati dal preside, al quale, con disinvoltura e sicurezza, dichiarammo subito di essere partigiani. E’ del tutto evidente che notevole fu lo sbigottimento del preside e l’imbarazzo del bidello. Noi, senza preamboli, con una mano in tasca, fingendo di essere armati, intimammo a entrambi di mettere immediatamente in funzione l’impianto radiotrasmittente collegato con tutte le aule, di cui conoscevamo l’esistenza. Il preside non ebbe alcuna difficoltà, anzi dimostrò un’inattesa collaborazione. Bruno, scafato e con il proprio talento innato di speaker, si impossessò con esperienza e con voce gagliarda, chiara e potente gridò: “Studenti, abbandonate le aule! Viva la Resistenza! Viva l’Italia libera e indipendente! Abbasso il fascismo!”. In ogni angolo dell’istituto il patriottico appello risuonò. Le porte delle aule si aprirono rumorosamente. Ebbe inizio un tramestio seguito da un gran vocio e grida tra cui ben si distingueva: “Sono arrivati i partigiani!”».Bruno, il compagno di Hermes, è il gappista correggese Ligabue oggi scomparso, zio della rockstar Luciano.
Analoga azione avviene agli istituti Zanelli e Iti dove in mancanza di impianto i ragazzi del Fronte della Gioventù aprono le aule e distribuiscono volantini.
Qui agisce anche il giovane postino di Masone Marcello Bigliardi che sarà catturato, torturato e ucciso dai fascisti.
Anche la relazione settimanale della Gnr firmata dal colonnello Ballarino, dopo l’analisi “dell’azione sovversiva” deve ammettere, nonostante le perifrasi, la sconfitta: «Ogni provvedimento contrastante l’attività sovversiva non può avere tutta la sua efficienza per le particolari condizioni contingentali strettamente connesse alla evoluzione della situazione militare sui vari fronti e in particolare quelle del fronte italiano».
Quel giorno d’aprile la Resistenza aveva vinto e dimostrato che avrebbe liberato Reggio pochi giorni dopo, traghettandola verso la democrazia di cui oggi noi tutti godiamo.
A cura di Alessandra Fontanesi