Quanto può resistere un uomo nell’attendere una morte giudicata ormai prossima? Cosa lo spinge ad andare avanti nonostante la fatica, il freddo, la fame che lo tartassano e gli fanno sembrare la gelida neve come un soffice e caldo letto in cui trovare finalmente la pace?

Queste e altre domande scaturiscono nella mente del lettore dopo aver vissuto nei panni del sottotenente medico Italo Serri la ritirata di Russia nel 1943, in seguito alla contro-offensiva sovietica che sfondò le linee dell’Asse attestate sul Don, raccontata in “Centomila gavette di ghiaccio”, di Giulio Bedeschi. 

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Bedeschi, che ha vissuto personalmente quella marcia al fianco della morte, non utilizza la forma del diario (come fece Stern), ma l’alter ego Serri, medico aggregato alla Julia dopo l’esperienza greco-albanese, una campagna che fu solo un piccolo assaggio delle fatiche e sofferenze che gli alpini avrebbero vissuto in Russia.

Come Stern, anche il nostro Bedeschi/Serri vive la guerra d’Albania che da vittoriosa e incontrastata avanzata diventerà anch’essa una ritirata salvata solo dall’alleato tedesco. Gli eventi lo aggregheranno alla gloriosa divisione alpina Julia, che dall’Albania tornerà con un medaglia d’oro alla bandiera. La cura dei feriti e le atroci menomazioni a cui sono sottoposti i soldati sono descritti con una precisione da brividi che però non scoraggia il morale dei soldati: sono tanti quelli che continueranno a combattere eroicamente con i compagni nel tentativo di salvare l’onore della brigata.

La campagna albanese non sarà niente in confronto alle pene patite in Russia. Il contrattacco russo renderà palese l’inefficienze del Corpo d’Armata Alpino relegato a difendere una pianura senza rilievi naturali, abituati e addestrati com’erano a combattere in montagna, come dimostrerà anche l’equipaggiamento: piccoli pezzi d’artiglieria e muli per il trasporto non possono competere con i mezzi corazzati e i cannoni a lunga gittata dei sovietici che fanno strage di uomini tra le linee italiane. Quello che ne consegue è una precipitosa ritirata sotto il tiro costante di nemici umani e naturali: non solo i russi, ma anche il freddo, la fame, la vista continua dei compagni che stremati si accasciano e non si rialzano più tempestano quotidianamente la marcia della colonna in fuga.

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Giulio Bedeschi