La giornata dell’8 aprile 1921 fu decisiva per la presa del potere da parte del fascismo a Reggio Emilia e per la sconfitta dei suoi avversari, in particolare socialisti e comunisti, aiutata da un lato dall’attacco violento alle sedi socialiste in città dall’altro dall’iniziativa politica. In vista delle elezioni infatti, con la riunione organizzativa dei “socialisti riformisti” che, secondo “Il Giornale di Reggio”, avrebbero dovuto deliberare con i liberali l’adesione al Blocco nazionale, per inaugurare l’unione di tutte le forze antibolsceviche. Come fiduciari reggiani erano stati indicati l’avvocato Alberto Borciani e il professor Pietro Petrazzani. Borciani era stato il primo sindaco socialista di Reggio Emilia, eletto nel 1899, ma in quei giorni andava maturando una decisa conversione politica in appoggio ai Blocchi nazionali delle destre, imitando l’esempio dell’avv. Adelmo Borettini (futuro Podestà) transfugò proprio in quei giorni verso le fila fasciste.
Le rappresaglie e le aggressioni contro le sedi socialiste iniziarono nel tardo pomeriggio, dopo che verso le ore 18 il fascista Pier Luigi Davolio era stato ferito gravemente in una sparatoria alla stazione ferroviaria di Santo Stefano. Appena appresa la notizia gli squadristi lasciarono la loro sede in via del Seminario (attuale via Don Andreoli) e si diressero verso la sede della Camera del Lavoro in via Farini e poi alla sede de “La Giustizia”, presso l’orfanotrofio di via Gazzata (attuale palestra del liceo Ariosto), devastandole e appiccando incendi, per poi fuggire all’arrivo delle forze dell’ordine.
L’azione, che non trovò particolare resistenza da parte delle forze dell’ordine, si concluse con un altro atto di rappresaglia, come venne esplicitamente definito dal quotidiano “Il Giornale di Reggio”, questa volta contro il Club socialista situato lungo Via Monzermone, fra piazza della vittoria e via San Rocco.
Il Club socialista era fornito di una biblioteca con sala di lettura e tutte le sere vi si poteva giocare al biliardo e a carte. Spesso in un ampio salone si tenevano concerti rinfreschi e i veglioni, serate danzanti il cui ricavato veniva devoluto al partito.
Uno degli ingresso del Club, che dava sulla piazza della vittoria, chiuso da una grossa saracinesca, resistette ad un primo assalto dei fascisti, giunti in gran numero da piazza Battisti.
Un secondo tentativo fu allora compiuto contro l’ingresso di via San Rocco le cui porte cedettero alla violenza dell’attacco. Un altro gruppo di fascisti riuscì a forzare un terzo portone su via Monzermone. Una volta penetrati all’interno iniziò la devastazione degli arredi e di ogni altra cosa fosse presente.
Come riferì “Il Giornale di Reggio”: “La grande scansia che dominava la parete di fronte all’ingresso tutta, zeppa di liquori finissimi e prelibati, è stata divelta dai sostegni del muro e lasciata precipitare a terra… Le sedie, le specchiere, i tavoli sono stati ridotti in frantumi; anche una grossa stufa tipo Americana venne spostata, danneggiata e rovesciata nel mezzo della sala. La vasta invetriata di copertura non è andata esente da danni: anch’essa ebbe alcuni del lunghi lastroni rotti, alcuni vasi che si trovavano sul terrazzo esterno vennero precipitati nel mezzo del salone infranti in mille pezzi”.
Nella tarda serata gli operai delle Officine Reggiane proclamarono uno sciopero, poi non attuato, per protestare contro le azioni fasciste.
Festa di bambini nel Club Socialista in Piazza della Vittoria, 1920. Fototeca Biblioteca Panizzi
Un altro episodio di violenza squadrista avvenne la mattina seguente, il 9 aprile 1921, nella città apparentemente tranquilla: i fascisti si radunarono in via Emilia, presso la sede dell’Istituto di credito cooperativo, per imporre con la forza l’esposizione del tricolore, ma vennero accolti malamente dalla figlia del direttore, Malvina Bedogni Magri, “nota conferenziera e propagandista anarchica” che, secondo “Il Giornale di Reggio” non solo si sarebbe rifiutata di seguire la minacciosa richiesta ma avrebbe anche insultato il gruppo riunito sotto le finestre della stessa banca.
Nelle stesse ore un altro gruppo di squadristi si faceva consegnare dalla Biblioteca Popolare la collezione del periodico anarchico “Umanità Nova” dandola alle fiamme in Piazza Cesare Battisti.
Bruciare giornali e libri: una tipica azione fascista.