Domenica 23 aprile alle ore 11, presso gli spazi espositivi di Casa Cervi, sarà inaugurata la mostra “Antonio Facci. Una storia ritrovata”, con oltre 60 opere, tra dipinti e sculture, per lo più inedite, dell’artista di Pegognaga (Mantova). L’inaugurazione inizierà con i saluti di Albertina Soliani, Presidente dell’Istituto Alcide Cervi, e di Matteo Zilocchi, Sindaco del Comune di Pegognaga, che patrocina la mostra. A seguire, l’intervento dell’esperto d’arte Sandro Parmiggiani, che porterà alla scoperta dell’artista nato nel 1911 e morto nel 1992. All’inaugurazione saranno presenti i famigliari di Facci, Doriana e Marusca Facci, Giuseppe e Giovanni Melandri. Parte delle opere visibili nella mostra saranno donate dalla famiglia all’Istituto Alcide Cervi. La mostra sarà visitabile fino all’11 giugno.

«Antonio Facci è qui con noi a Casa Cervi, nel cuore di questo 25 aprile», dice Albertina Soliani, Presidente dell’Istituto Alcide Cervi. «Ha attraversato il ‘900, ha patito la discriminazione fascista, ha scelto nella libertà dell’arte di cantare la vita, la natura, il lavoro, l’umanità contadina, la Resistenza. Ha voluto che solo l’arte parlasse, senza mettersi sotto i riflettori».
«Si tratta di una donazione speciale, segno di un processo che non si ferma e che anzi si rinnova trovando altri modi per tenere viva la trasmissione della memoria e della storia, dove l’arte gioca un ruolo fondamentale, incontrandosi sempre con i valori fondativi della vita», aggiunge Paola Varesi, Responsabile del Museo Cervi.

Facci rivela un’attenzione alla dimensione del quotidiano, senza però essere intimista: le sue opere, riferite per lo più al mondo povero, contadino e operaio, nel quale è cresciuto, si manifestano come prezioso giacimento di memorie, e racconto di un pezzo della pianura padana e delle sue genti, calati nella vita e nella storia del Novecento. I soggetti più comuni dei suoi dipinti sono ritratti, nature morte e paesaggi. Nelle sculture in terracotta vengono spesso rappresentate le attività della vita dei contadini e degli artigiani del mondo che lo circonda: dalla mungitura all’aratura, dal taglio della legna alla caccia.

L’inaugurazione sarà l’occasione per presentare il catalogo dell’artista, a cura di Sandro Parmiggiani, Paola Varesi e Mirco Zanoni, che comprende altre opere oltre a quelle contenute nella mostra. Si tratta di un primo passo per dare il giusto riconoscimento all’opera di Antonio Facci. Con la mostra e il catalogo si traccia per la prima volta un’indagine critica dell’artista, coinvolgendo le persone che lo hanno conosciuto e che possiedono i suoi dipinti e le sue statue.

L’inaugurazione della mostra è a ingresso libero e si concluderà con un piccolo aperitivo. La mostra rimarrà visitabile fino all’11 giugno 2023 negli orari di apertura del Museo Cervi. Per informazioni è possibile scrivere a paola.varesi@istitutocervi.it.

Antonio Facci. Un profilo biografico
Di Sandro Parmiggiani (testo contenuto nel catalogo “Antonio Facci. Una storia ritrovata”)

Antonio Facci nasce a Pegognaga (Mantova), in una famiglia poverissima, il 31 dicembre 1911. Comincia a lavorare a undici anni in una stalla e, seguendo un’innata vocazione per il disegno e la pittura, frequenta la Scuola d’Arte e Mestieri di Suzzara, riuscendo, grazie a una borsa di studio del Comune in cui è nato, a iscriversi e a seguire i corsi dal 1934 al 1938, dell’Istituto d’Arte e successivamente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. Tornato a Pegognaga dopo che il nuovo Podestà del Comune non gli ha rinnovato la borsa di studio, frequenta a Suzzara i corsi del Professor Luigi Bauselli per sostenere, come privatista, gli esami finali all’Accademia. Chiamato alle armi, viene fatto prigioniero dalle forze armate americane sbarcate in Sicilia nel 1943, ed è internato prima brevemente in Africa e poi negli USA, a New York, dove tuttavia, pur sotto sorveglianza, può svolgere l’attività di imbianchino e di decoratore.

Tornato in Italia nel 1946, lavora ancora nelle stalle; si sposa con Evelina Mazza il 22 ottobre 1949: dal matrimonio nascono due figlie, Marusca e Doriana. Nei primi anni cinquanta può cominciare a svolgere l’attività, che gli è più consona, di imbiancatura e di decorazione degli interni e degli esterni di case e di edifici. Riprende a dipingere (paesaggi, nature morte, ritratti, rivisitazioni dei grandi del passato) e inizia a lavorare l’argilla, realizzando piccole sculture e bassorilievi in cui raffigura le attività del mondo, soprattutto contadino, che lo circonda. Appena gli è possibile è al cavalletto, o chinato su un tavolino di gesso che si è costruito, sul quale

modella le sue sculture. Antonio Facci scompare il 7 settembre 1992, lasciando circa duecento dipinti, un migliaio di disegni e un centinaio di terrecotte. La sua attività di pittore e scultore vien presentata per la prima e unica volta dall’8 al 12 agosto 1981 nella Scuola Media Dante Alighieri di Pegognaga, con un testo, nel pieghevole che accompagna l’esposizione, del curatore della stessa, Riccardo Lonardi. La mostra al Museo Cervi, a più di quarant’anni da quell’evento, intende rendere omaggio e ricordare sia l’uomo sia l’artista, in occasione della donazione di alcune sue opere compiuta dalla famiglia al Museo.