Il 9 aprile 1945 muore per impiccagione, nel campo di concentramento di Flossenbürg, il teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer, vicino ai cospiratori dell’attentato contro Hitler noto come “Operazione Valchiria”. Ha 39 anni. Bonhoeffer è stato un attivo oppositore del nazismo e, a causa della sua notorietà e statura intellettuale, particolarmente inviso al regime.
E se lo ricordiamo oggi non è solo per il suo valore ma anche per il legame con Reggio Emilia, più precisamente con San Polo d’Enza, dove i suoi ultimi preziosi scritti vennero inviati clandestinamente, nell’estate del 1944, e conservati con astuti stratagemmi dall’amico Eberhard Bethge, furiere del servizio di controspionaggio della Wehrmacht che aveva requisito Villa Triglia.
Bethge copiava le lettere dattiloscrivendole e le inviava a persone fidate in Germania. Lui stesso venne arrestato dopo il fallito colpo di stato del luglio ’44, ma fece in tempo a venir liberato dai russi il 25 aprile del 1945.
Le lettere arrivate nel sanpolese rappresentano un’importante testimonianza del pensiero e dell’impegno resistente di Bonhoeffer, tutt’oggi uno dei pensatori contemporanei più studiati, e possiamo leggerle nel volume “Resistenza e resa”, la sua opera forse più famosa oltre che fondamentale per la teologia luterana del Novecento.
Il lavoro di recupero e pubblicazione da parte Bethge delle ultime riflessioni dell’amico hanno permesso non solo di salvare pagine essenziali allo sviluppo del pensiero filosofico e teologico contemporaneo, quanto di mettere a fuoco la cristallina coerenza di Bonhoeffer, in cui pensiero e azione combaciano pienamente, esempio di quella resistenza esistenziale al nazismo di cui esistono diversi e splendidi esempi in Germania.
Gemma Bigi