Uno dei momenti più crudi vissuti dal territorio reggiano nell’ultima fase della guerra è senza dubbio l’eccidio di Reggiolo del 14 aprile 1945. Parliamo dell’uccisione di nove partigiani della 77° Brigata Sap, catturati a Luzzara il 12 aprile e portati alle scuole di Reggiolo, dove vennero torturati e poi fucilati fra il 14 e il 17 aprile.

Le vittime: Enzo Dalai (Folletto)(1922), Walter Compagnoni (Walter)(1910), Celestino Iotti (Celestino)(1923), Balilla Nodolini (Balilla)(1923), Lino Soragna (Lino)(1924), Federico Tagliavini (Ermes) (1923), Claudio Franchi (Alessandria). Uccisi il 17 aprile: Arnaldo Avanzi (Arnaldo)(1922), Ermes Ferrari (Ermes)(1922). Tutti appartenenti alla 77° SAP.


Le stragi degli ultimi giorni – Reggiolo (14-17 aprile)

Tratto da:

M.Storchi, “Anche contro donne e bambini. Stragi naziste e fasciste nella terra dei fratelli Cervi”, Imprimatur, Reggio Emilia, 2016.

“Arrivate qui a Luzzara [le Brigate Nere] circondarono il paese e di tutte le persone rastrellate ne presero fuori 72 giovani tra i quali mi trovavo anch’io. Da Luzzara ci misero in fila e ci portarono a Reggiolo, precisamente nelle scuole che avevano adibito a caserma. Era giovedì, il giorno dopo alle ore 4 ci fecero l’appello e dei 72 sessantadue li portarono a Reggio E. mentre 10 rimasero. Fra i 10 c’ero anch’io. Alle ore 9 del mattino di venerdì ci presero e ci portarono dietro il cimitero. Lì ci fecero fare delle buche rettangolari dicendoci che servivano per fosse anti-carro, ma erano della lunghezza di un uomo. Io pensai che potessero servire a nostra tomba ma scacciai il pensiero, all’una ci portarono in cella nelle scuole poi ci dissero che sarebbero incominciati gli interrogatori.

Infatti alle 2 del pomeriggio chiamarono Francesco Berni, lo portarono in una casa adiacente alle Scuole dov’era l’Ufficio Politico. Dopo circa un’ora Francesco ritornò con la faccia tutta spaccata.

Domandai a Francesco “E’ così che fanno ad interrogare?”, non mi potè rispondere.

Ne chiamarono un altro, Balilla Nodolini, ritornò dopo due ore era coperto di sangue. Così seguirono altri cinque: Lino Soragna, Enzo Dalai, Celestino Iotti, Claudio Franchi e Walter Compagnoni.

Alle 11 di sera smisero. Rimanevano in due da torturare, io Tedeschi Pietro e Artoni, un uomo anziano padre di un Garibaldino preso come ostaggio. Rimasti soli domandai a quelli che stavano un po’ meglio cosa gli avevano fatto. Ecco come avveniva l’interrogatorio:

“Li mettevano nudi su due sedie coricati col ventre in alto, le gambe legate ai pioli della sedia. Un torturatore teneva per i capelli il povero compagno rovesciati in modo inverosimile poi uno con un coltello tagliava leggermente pelle e carne nella schiena, un altro con un bastone picchiava il ventre, un altro per la bocca gli faceva ingoiare benzina e acqua e siccome la testa era molto rovesciata quei liquidi poi uscivano per il naso. Dopo tre minuti di quell’infame modo di interrogare il torturato sveniva ma c’era pronta un’iniezione per farlo rinvenire, così potevano continuare. Due dei prigionieri decedettero sotto la tortura e furono fucilati dopo morti.

Poi presero Federico Tagliavini, dopo la tortura mi disse: “Credi che pianga perché mi hanno torturato o forse perché mi fucilano? No, non è per questo che piango, a casa ho mia madre e mia sorella, mio padre è morto da poco tempo lasciando due mila lire di debito che non so come mia madre e mia sorella faranno a pagarlo”.

Dopo quella notte tremenda il mattino del sabato chiamarono i sopravvissuti alle torture dalla stanza uno alla volta e li sentii passare e salutare i rimasti, io, Artoni e Francesco Berni. Tutto spaventato corsi alla finestra a costo di prendere una raffica e li vidi dirigersi dietro il cimitero, la scuola è di fronte al cimitero, poi metterli con la faccia verso il muro e lì, col mitra, uno per volta, alla distanza di due minuti uno dall’altro li ammazzarono.

Prima di morire gridarono: “Viva l’Italia, viva la libertà” e uno, Enzo Dalai, disse rivolto ai militi: “Oggi a noi, domani a voi”.

Tedeschi Pietro.*

*Tedeschi Pietro si salvò fortunosamente dalla fucilazione