Italijanski palikuci (italiani brucia case), così i civili chiamavano le truppe italiane che invasero la Jugoslavia il 6 aprile del 1941.
L’aggressione fu violentissima, e la guerra scatenata contro l’intera popolazione. Apposite circolari vennero emanate per ordinare agli ufficiali e ai soldati di non fare differenze tra partigiani e civili. Le stragi e le deportazioni nei campi di concentramento divennero ordinarie pratiche di guerra.

Mussolini nel 1942 da Gorizia tuonava: “…si deve rispondere col ferro e col fuoco. Deve cessare il luogo comune che dipinge gli italiani come sentimentali incapaci di essere duri è cominciato un nuovo ciclo che fa vedere gli italiani come gente disposta a tutto”. Alla fine della guerra l’occupazione nazifascista aveva causato in Jugoslavia un milione e mezzo di morti.

Come dice lo storico Davide Conti, ciò “dovrebbe rappresentare, nelle celebrazioni del «Giorno del ricordo», occasione di elaborazione storica del nostro passato consegnando una interpretazione integrale alla legge istitutiva di questa giornata che invita a dare conto «della più complessa vicenda del confine orientale» ovvero a ciò che è accaduto prima delle foibe e dopo la fine della guerra.

Le foto in allegato:

  1. dal sito dell’Anpi di Udine
  2. Soldati italiani fucilano Franc Žnidaršic, Janez Kranjc, Franc Škerbec, Feliks Žnidaršic ed Edvard Škerbec, Loška Dolina, Slovenia meridionale, 31 luglio 1942 [Raccolta fotografica del Muzej novejše zgodovine Slovenije, Museo nazionale di storia contemporanea, Lubiana]
  3. Morte al fascismo sul muro di Spalato nel 1943 – fonte Bundesarchiv, Bild 101I-049-1553-13 / Gruber, Dr. / CC-BY-SA 3.0

 

 

Il video dell’incontro “6 Aprile 1941 L’occupazione italiana dei Balcani e l’uso pubblico della storia”