Intervista raccolta nel 2020.
Intervista di Adriano Arati, riprese e montaggio di Andrea Mainardi.
Itaca
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze. (…)
Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos’altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
Ritorno a Itaca
Kostantin Kavafis
Ci sono persone che alla loro Itaca tornano ben prima di raggiungere la vecchiaia, ma non certo meno ricche di esperienze, dolori e tesori. Luisella, con le sue parole perennemente rischiarate dal sorriso, ci racconta proprio una di queste storie – così unica, perché legata ad una vita, eppure così intrisa di temi e processi di ben più ampio respiro. Lei, che si occupa di educazione dell’infanzia – e che, orgogliosamente, ogni giorno impara dai bambini – ci conduce in un mondo magico, quello di Miscoso (Ramiseto). Un borgo del crinale appenninico dove le pietre sono ancora capaci di narrare e le antiche locande dei viandanti sono rimaste luoghi di socialità aperta e curiosa. La sua Itaca, così amata e impoverita, dove tornò alla soglia della prima stagione delle scelte, per restare, insieme alla sua famiglia. La scommessa, apparentemente contro ogni logica, sulle radici capaci di accogliere nuove trame di vita, sulle orme del passato che possono diventare frecce scagliate verso il futuro – se e quando amorevolmente nutrite. Colpisce, in questa migrante di ritorno, la capacità di tenere insieme, saldamente, l’implementazione di un fecondo progetto di vita e la valorizzazione della sua “casa” (home, heimat), tanto sul fronte personale quanto comunitario. Non c’è quindi da stupirsi se la sua famiglia, che ha sperimentato la migrazione interna attraverso varie generazioni, sia divenuta il punto di riferimento per chi si arrampica fin quassù in cerca di frammenti della propria storia familiare – una bussola esistenziale insostituibile per Luisella. E, ancor prima, che la scelta “spericolata” di muoversi in direzione ostinata e contraria rispetto a quella praticata da molti montanari, oltre agli anni settanta del secolo scorso, abbia, di fatto, rivitalizzato il piccolo borgo. Donandogli una seconda vita, allo stesso modo in cui gli immigrati di oggi stanno gettando le basi per il mantenimento e la crescita della comunità miscosina. Perché in fondo, sembra dirci Luisella con gli occhi prima ancora che con la voce, nessuno è davvero straniero a Miscoso.