Il 5 dicembre 2013, la notizia della scomparsa di Nelson Mandela fece rapidamente il girodel mondo. A 95 anni ci lasciava il combattente che non si era mai piegato davanti al sopruso elevato a sistema, l’imputato che rispondeva con requisitorie incendiarie alle accuse mossegli dai tribunali razzisti del paese di cui non poteva essere pienamente cittadino, il suo amato, nonostante tutto, Sudafrica.
Nel corso dei suoi 27 anni di carcere, Mandela ha continuato a scrivere clandestinamente, resistere, studiare, persino boxare negli spazi angusti che gli erano concessi nella prigione di Robben Island. Ha spronato incessantemente i suoi compagni di prigionia , e ancor prima di lotta, a coltivare la vita nonostante fossero immersi in un contesto di programmatico annichilimento della dignità e della speranza. Il suo esempio ispirò i movimenti di liberazione del suo suo paese e dell’Africa australe tutta, mentre il grande amico e sodale Oliver Reginald Tambo metteva la sua vita a servizio della creazione della rete globale anti-apartheid e della difficile gestione della resistenza in patria.
Rilasciato nel 1990, Mandela condusse la transizione verso la democrazia mediando con i rappresentanti del regime razzista ormai in pezzi. Il 10 maggio del 1994 si insediò come primo presidente del nuovo Sudafrica, eletto a suffragio universale, ponendo alla base del suo programma le parole diritti, giustizia, verità, riconciliazione.
Quanto ci sarebbe da dire ancora, su questa icona globale, forse anche pop, del Novecento.
Mi limito a raccontarvi che la sua residenza da presidente, nel pieno centro della città sudafricana di Johannesburg, è da un decennio sede della fondazione che porta il suo nome e che si occupa di portare avanti le battaglie di libertà e di solidarietà di Nelson. Il suo ufficio è rimasto intatto dall’ultima volta che lo ha accolto e proprio attorno ad esso è stato sviluppato un museo che raccoglie oggetti, libri, fotografie e documenti. In questa prospettiva, potete immaginare quanto sia rilevante l’archivio della fondazione!
Proprio in virtù della collaborazione sul tema degli archivi nell’ambito educativo e della cittadinanza attiva, esattamente un mese fa, il 4 novembre, ero ospite della fondazione e della sua preparatissima e appassionata archivista capo, Razia Saleh. Nell’ambito della recente missione Istoreco/Archivio Reggio Africa, supportata anche sul fronte economico dall’istituto italiano di cultura di Pretoria, questo incontro è stato occasione di crescita professionale e indiscutibile fonte di ispirazione umana. Nelson, insomma, continua a ricordarci che sognare e lottare quando tutto crolla ci rende dei vincitori. Insieme.
Amandla!
Chiara Torcianti