Costruire una Nazione democratica e “arcobaleno”, dopo quarant’anni di apartheid, ha implicato necessariamente fare i conti con la Storia. Il nuovo Sudafrica, camminando su questo infido crinale, ha scelto tra l’altro di investire di un significato nuovo la festa civica che aveva costituito uno dei perni simbolici del regime bianco razzista. Senza cancellarne la “sacralità”, anzi.

Ma andiamo con ordine. Il 16 dicembre 1838, nella battaglia di Blood River, cinquecento Voorktrekkers boeri (gli agguerriti “pionieri” contadini, di origini olandesi e decisi a strappare terre agli indigeni) ben armati sconfissero diecimila guerrieri Zulu guidati da Dingaan. La Nazione zulu fu stroncata, eppure le popolazioni nere non smisero di opporsi alla supremazia bianca che stava affermandosi. D’altronde le due repubbliche boere, nate di lì a poco, iniziarono a celebrare in quella data la supremazia bianca nel “giorno di Dingaan”: nasceva il nazionalismo Afrikaner. Nel 1910 venne poi creata l’Unione Sudafricana, compromesso tra inglesi e boeri. Nella «alleanza tra oro e grano», i “non bianchi” (neri, meticci, indiani) furono progressivamente privati dei diritti ed il loro lavoro sfruttato divenne chiave di volta del sistema politico ed economico sudafricano. Mentre il parlamento stabiliva la data della sconfitta zulu come festa nazionale, i neri cominciarono a protestare per diritti e giustizia proprio in quella stessa giornata.

Il partito comunista sudafricano, l’African National Congress, il Pan Africanist Congress: dagli anni Venti, tutti i grandi movimenti di resistenza e lotta pacifica organizzarono marce e manifestazioni in occasione proprio del 16 dicembre. Il regime dell’apartheid, instaurato nel 1948, rese poi questo giorno una festa religiosa: il “Giorno del Patto”, segno della benevolenza divina nei confronti dei calvinisti boeri. Dopo il massacro di Sharpeville del 21 marzo 1960, tutti i movimenti di opposizione furono messi al bando. Nelson Mandela, Walter Sisulu e Joe Slovo fondarono quindi Umkhonto We Sizve, ovvero la “lancia della nazione”: era il braccio militare dell’ANC, avente lo scopo di boicottare l’apparato produttivo sudafricano. E scelsero il 16 dicembre 1961 quale data fondativa.

Dopo oltre trent’anni di repressione e di resistenza, il Sudafrica andò finalmente alle urne. Per la prima volta in maniera democratica. Nonostante le problematiche enormi da fronteggiare, il presidente Nelson Mandela non dimenticò la stratificazione di simboli e di memorie connesse al 16 dicembre. Infatti, da ventitre anni a questa parte, la giornata di oggi celebra il “Giorno della Riconciliazione”. Giusto per rammentare a tutti che, come dice l’Arcivescovo Desmond Mpilo Tutu: non esiste futuro senza perdono…

Africa Mayibuye!

Chiara Torcianti, referente per l’Archivio Reggio Africa