La nuova nazione sudafricana, ufficialmente sorta dalle elezioni del 27 aprile 1994, mise in conto sin dal primo istante il peso ineludibile della propria storia. La strategia politica perseguita dal presidente Mandela e dalla classe dirigente si focalizzò quindi, nel contesto di un processo di ben più ampio respiro, sulla individuazione di feste civiche nazionali. Attenzione però: gli eventi scelti come “tracce” essenziali per il Sudafrica democratico si rifacevano a momenti nei quali il popolo nero aveva lottato per i propri diritti. Spesso, troppo spesso, vedendo duramente repressa la propria protesta.
Inserire nella memoria pubblica del Paese tali accadimenti divenne così anche un modo per riconoscere un ruolo ed uno spazio nel palcoscenico della storia nazionale a quelle persone che mai avevano smesso di resistere sotto il regime di apartheid.
Ecco allora che il 21 marzo fu resa data cardine della Raimbow Nation: la Giornata Nazionale dei Diritti Umani. Infatti proprio in quel giorno del 1960, all’inizio dell’autunno australe, il Pan Africanist Congress (PAC) aveva organizzato a Sharpeville, cittadina nei pressi di Johannesburg, una manifestazione contro i lasciapassare, imposti per legge a tutti i neri. L’African National Congress (ANC), per bocca del suo presidente chief Albert Luthuli (cercatevi sullo stradario di Reggio Emilia la via dedicata a questo grande politico, premio Nobel per la Pace), aveva dichiarato il 1960 l’anno della lotta non-violenta contro i pass. Il concorrente movimento panafricanista (PAC), guidato da Robert Sobukwe, volle perciò battere sul tempo Mandela e compagni: indisse così una marcia a Sharpeville. Sfilare con cartelli, bruciare i propri lasciapassare per poi consegnarsi pacificamente alla polizia: ecco il programma immaginato dagli organizzatori. Peccato che la polizia sudafricana non la vedesse alla stessa maniera. E che arrivasse a sparare sui manifestanti stupiti e inermi, copione tragico e spaventosamente invariato tra differenti epoche e luoghi. Risultato, amaro e dolente, a brevissimo termine: 69 morti e almeno 130 feriti. Altri effetti a livello politico e diplomatico? La comunità internazionale non poté più chiudere gli occhi davanti alla brutalità del regime di Pretoria. Il premier Verwoerd colse l’occasione per dichiarare illegittimi tutti i partiti e movimenti di opposizione “non bianca”. L’ANC entrò così in clandestinità e l’anno successivo venne fondato il suo braccio armato, l’Umkhonto We Siswe. Da questo momento, le storie parallele di Oliver Reginald Tambo e di Nelson Mandela presero a viaggiare su sentieri storici accidentati e dolorosi, eppure straordinariamente fecondi sul lungo periodo e non solo per il popolo sudafricano. Dopo Sharpeville nulla sarebbe stato più come prima, per questo Paese.

Ultima riflessione. Oggi, primo giorno di primavera, l’ONU celebra la Poesia, ma anche la Giornata Internazionale per l’eliminazione della Discriminazione Razziale (https://www.unric.org/…/31819-giornata-internazionale-per-l…; per le iniziative reggiane trovate qui sotto la locandina). L’Italia, grazie a Libera, onora inoltre la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Per noi, quindi, non sarà forse così fuori luogo pensare a quanto una ferita di un popolo sia stata posta a fondamento di una nuova storia, di un nuovo futuro. Di un Paese che non dimentica. Ma che si impegna a crescere sul rigoroso ed esigente binomio di responsabilità e di riconciliazione.

Per chiudere, Vi propongo una canzone scritta da Ewan Maccol proprio per commemorare il massacro di Sharpeville:

https://youtu.be/cWxB0yJ2MRM.

Buon ascolto. E buon 21 marzo !

Africa Mayibuye!

Chiara Torcianti

Responsabile dell’Archivio REggio Africa e dei progetti didattici per conto di ISTORECO e del Tavolo Reggio Africa