Alle Reggiane entrarono migliaia di giovani che hanno mutato la loro storia personale e quella collettiva, trasformando una provincia contadina in un territorio di artigiani e piccole industrie. Il saggio di Bellelli vuole essere una sorta di guida e di “indice” perché questa ricerca sulle Reggiane possa restituire alla comunità locale la vicenda della sua “fabbrica” e ricordare il contributo tecnico e umano di quella che fu una delle più grandi e attive imprese del panorama industriale italiano. Dalla prefazione di Massimo Storchi.

Questo libro non è solo una monografia sulla storia industriale emiliana e nazionale. Perché le Officine Meccaniche Reggiane, da sempre conosciute come le Reggiane, non sono state solo una grande e importante fabbrica che ha attraversato le stagioni sociali ed economiche del Novecento. Non soltanto «un’azienda, il lavoro, la tecnica, il luogo della promozione sociale, della speranza e della lotta» come ricorda lo storico Massimo Storchi nell’introduzione al volume. Sono state molto di più e di diverso: «un pezzo del vissuto di una comunità che di quella storia si sente ancora oggi partecipe e, in qualche modo, erede». Il popolo delle Reggiane, le generazioni di lavoratori che si sono succedute in quei capannoni ormai leggendari – e ancora impressionanti all’occhio del visitatore – hanno cambiato in profondità non solo la loro storia personale, ma quella collettiva. Prima dando vita a una realtà industriale di prim’ordine nel panorama dell’Italia a cavallo della Seconda guerra mondiale; poi «trasformando una provincia contadina in un territorio di artigiani e piccole industrie negli anni più difficili della ricostruzione quando la chiusura di un’azienda ormai condannata significò per tanti, dopo la sconfitta sindacale, anni di difficile adattamento alla nuova realtà, fra prime iniziative imprenditoriali, disoccupazione ed emigrazione». Quasi cinquanta anni dopo il saggio di Sandro Spreafico Un’industria, una città. Cinquanta anni alle Officine Reggiane, un giovane studioso come Michele Bellelli ha ripreso il filo di una narrazione che potrebbe facilmente sconfinare nel nostalgismo rievocativo. Lo ha fatto, invece, con accuratezza quasi annalistica e con l’acribia dello storico consentita anche dalla distanza generazionale. Ne è uscito il ritratto di «un’azienda di alto profilo tecnologico, ma di persistente scarsa influenza “politica”, che doveva agire nel deserto industriale dell’Italia fascista (e dell’Emilia ancora agricola e rurale), costretta a scontare i limiti del ritardo dello sviluppo produttivo ed economico del paese ma, nel contempo, capace di divenire motore di sviluppo e di crescita, di attrazione di energie umane». Una straordinaria storia di uomini e macchine, di braccia e di menti, di fatica e ingegno. Una vera e propria epopea che, come chiarisce l’autore stesso, «è anche una storia di coraggio, di scommesse vinte e di occasioni perse».

Michele Bellelli
Storico e archivista, lavora presso il Polo Archivistico del Comune di Reggio Emilia gestito da ISTORECO. Ha pubblicato diversi articoli per la rivista «RS-Ricerche storiche» con argomento la Resistenza e le Officine Reggiane. Ha curato il lavoro su Reggio Emilia per la creazione di un database regionale dei partigiani dell’EmiliaRomagna: Identikit della Resistenza, i partigiani dell’Emilia-Romagna (Clueb, 2011). Ha pubblicato come co-autore saggi sulla Prima guerra mondiale: Piccola Patria, grande guerra, la prima guerra mondiale a Reggio Emilia (Clueb, 2008) e Una regione ospedale, medicina e sanità in Emilia-Romagna durante la prima guerra mondiale (Clueb, 2010).

Aliberti, 2016
Il volume è disponibile presso Istoreco al prezzo di copertina di 15 euro.