A cura di Massimo Storchi

Con la fine degli anni cinquanta si avvia alla conclusione la crisi del centrismo, formula  politica inaugurata da Alcide De Gasperi dopo le elezioni politiche del 1948 quando, nonostante l’affermazione della DC, sceglie di associare al governo anche i partiti del “centro” (Psdi, PRI e PLI) per rafforzare la politica anticomunista. La formula entra in crisi dopo le elezioni del 1953 quando la coalizione di governo non riesce a superare quel 50% che le avrebbe concesso un premio di maggioranza (secondo la cosiddetta “legge truffa”). Si rafforzano invece i partiti di opposizione (PCI) e PSI. Dopo le elezioni termina la sequela di governi De Gasperi quando nel luglio 1953 viene negata la fiducia al suo esecutivo.

Dall’agosto 1953 all’inizio del 1959 si succedono sette governi ancora basati sulla formula centrista, insieme alla DC ne fanno parte, in diverse fase di alleanze il PSDI, il PLI e il PRI. Dopo il 1956 e l’avvio della destalinizzazione in Urss, il PSI avvia un nuovo percorso politico di autonomia dal PCI e di avvicinamento ad un dialogo con la DC (la futura stagione del “centro sinistra”).

Il 1960 si apre con la crisi del governo presieduto da Antonio Segni, in carica dal febbraio 1959, governo monocolore democristiano che si reggeva con l’appoggio esterno dei due partiti Monarchici (PNP e PMP), del Partito Liberale (segretario Giovanni Malagodi) e del MSI.

La crisi viene causata dal l’esplodere dello scandalo legato alla corruzione nella Assemblea regionale siciliana e dalla conseguente decisione del PLI di togliere l’appoggio a Segni in Parlamento. Il 21 febbraio Segni rassegna le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.

Dopo i tentativi infruttuosi di formare il governo, affidati a Giovanni Leone (Pres.Camera) e nuovamente a Antonio Segni, Gronchi, senza ulteriori consultazioni, il 21 marzo incarica Ferdinando Tambroni (già ministro del Bilancio nel Governo Segni) di formare il nuovo esecutivo.

Il 25 marzo il deputato marchigiano presenta la lista dei ministri al Presidente e l’8 aprile ottiene la fiducia alla Camera con 300 voti a favore e 293 contrari. Risultano determinanti i 24 voti del MSI.

Il giorno dopo, rifiutando la situazione (per la prima volta nella storia della Repubblica i voti dei neofascisti erano decisivi per un Governo), si dimettono tre ministri appartenenti alla sinistra democristiana, Bo (Pubblica amministrazione), Sullo (Trasporti) e Pastore (Mezzogiorno) nonché i sottosegretari Biaggi, Pecoraro, Spallino, mentre annunciano la volontà di dimettersi anche i ministri Zaccagnini, Colombo, Rumor, Martinelli, Gonella, Angelini e Segni. Lo stesso Direttivo dei deputati del partito chiede le dimissioni del governo e, l’11 aprile, dopo una riunione della direzione della DC, Tambroni si dimette.

 


Gli approfondimenti vanno parte delle nostre iniziative per il 60° anniversario dai Morti di Reggio Emilia

Per i morti di Reggio Emilia – 1960-2020


“Morire in piazza” – Nuova stanza di Livello9

Uno dei principali progetti portati avanti da Istoreco in questi anni è Livello9, il museo virtuale dei luoghi del ”900 di Reggio Emilia. Il 6 luglio 2020, in occasione della ricorrenza, verrà pubblicata “Morire in piazza”, la nuova stanza digitale dedicata agli episodi di repressione e violenza contro chi manifesta avvenuti nel territorio reggiano.

Il 10 luglio, poi, verrà organizzata una passeggiata storica nel centro cittadino. Il 6 luglio, potrete scoprire i dettagli di “Morire in piazza” sul sito www.livello9.it