BECCHETTI, Fuochi oltre il ponte. Rivolte e conflitti sociali a Parma (1868 – 1915), DeriveApprodi, 2013, 20,00 euro

Mossa nello studio del quartiere da interessi contemporanei e impulsi autobiografici («Sono forse figlia dello stesso bisogno di passione che anima le generazioni perdute. Studiare le rivolte mi è sembrato un buon modo per respirare passione»: p. 15), Margherita Becchetti ci fornisce un utile e informato volume che ricostruisce analiticamente, per la prima volta, la storia delle proteste, dei conflitti, delle ribellioni e delle rivolte che, dal 1869 sino al 1914, ebbero come soggetto protagonista un quartiere popolare urbano di Parma: l’Oltretorrente. Un quartiere che ha assunto dimensioni mitiche non solo nell’immaginario locale, ma anche nazionale, soprattutto per le gloriose e vittoriose giornate delle barricate dell’agosto 1922 contro il fascismo, come attestano il fortunato romanzo di Pino Cacucci (Oltretorrente, Feltrinelli, Milano 2002, giunto nel 2013 alla quinta edizione e tradotto in varie lingue), il radiodramma di Nanni Balestrini (Parma 1922. Una resistenza antifascista, a cura di M. Becchetti, G. Ronchini e A. Zini, Derive Approdi, Roma 20029) e diversi spettacoli teatrali a esse ispirate.

Dopo una disamina della struttura sociale del diseredato quartiere, delle condizioni sanitarie e urbanistiche, della socialità e della vita quotidiana, Becchetti appunto mostra gli antecedenti storici del 1922 nelle numerose rivolte del quartiere, che non raramente utilizzavano le barricate durante gli scontri: la partecipazione alla rivolta del macinato (gennaio 1869); i disordini del giugno 1869 per la festa dello Statuto; le proteste contro il monumento al conte Girolamo Cantelli (1887), che durarono mesi; le numerose proteste per il «pane o lavoro», contro la massiccia disoccupazione, e i tumulti annonari, per l’alimentazione e il caroviveri, che percorsero l’ultimo decennio del secolo XIX, come la dimostrazione per il pane del 1898, e contro la politica coloniale di Crispi e la guerra d’Africa; e di nuovo, nel nuovo secolo, per non segnalare che i momenti di maggiore conflitto, la partecipazione del quartiere allo sciopero nazionale del 1904 e all’epico sciopero provinciale agrario del 1908, l’opposizione alla guerra di Libia; e infine la settimana rossa del 1914 e il singolare interventismo del 1914-1915.
L’autrice inoltre riscostruisce i rapporti dell’Oltretorrente con i movimenti politici della sinistra italiana: con la democrazia repubblicana e garibaldina essi furono piuttosto labili; poi divennero più intensi col socialismo e l’anarchismo (che nel quartiere trovò un capopopolo in un’interessante figura di anarchico, Odoardo Alfieri, poi emigrato a Reggio Emilia, i cui volumetti, come Il Figlio plebeo e La Figlia plebea, non sono qui peraltro utilizzati) e infine col sindacalismo rivoluzionario, che offrì al quartiere «una prospettiva politica più accettabile che, nel qui e ora dell’azione diretta, ben si sposava con le insofferenze e la turbolenza popolare» e quindi «corrispose in pieno allo spirito e all’identità dei borghi» (p. 21), anche se non mancarono frizioni contrasti. E tuttavia l’autrice è sostanzialmente persuasa che il mito abbia trovato le sue ragioni, più che nei rapporti coi movimenti politici e sindacali dell’epoca, soprattutto «nell’esperienza concreta e collettiva degli scontri di strada, nel fuggi fuggi delle cariche, nell’ebbrezza del vedere gli agenti indugiare o ritirarsi sotto i colpi delle pietre lanciate insieme ad amici, compagni o anche solo vicini di casa» (p. 22).
Nel complesso, dunque, un notevole apporto fornito alla ricostruzione delle vicende conflittuali dell’Oltretorrente, che non esaurisce certamente la storia del quartiere, ma che sistema un importante tassello di tale storia.