Forze dell’arma, associazioni di volontari, istituzioni persone comuni. Per un giorno a Morsiano di Villa Minozzo è stata affollata all’inverosimile, nella mattina di sabato 25 febbraio, nel ricordo da 78 anni dall’uccisione di Domenico Bondi, il carabiniere partigiano ucciso dai fascisti e dai nazisti il 25 gennaio 1945, dopo essere stato torturato a Ciano d’Enza (la vicina caserma di San Polo è a lui dedicata).
“Eroi come lui ci consentono di guardare al futuro con speranza” ha detto nel suo saluto il comandate provinciale dei Carabinieri a Reggio Emilia, Andrea Milani “nel difendere la Patria è divenuto uno stimolo di rinascita per il Paese. Da qui il valore della memoria per chi ha pagato con la vita e la posa che oggi facciamo di questa corona da parte dei carabinieri delle grandi uniformi storiche”.
Gli studenti Morsiano e Villa Minozzo hanno ricordato la figura di Domenico Bondi che qui nacque nel 1908 e che, dopo l’8 settembre del ’43 si impegnò come antifascista partigiano (nome di battaglia “Fioravante”), proprio a fianco alla lapide che lo ricorda, ricavata a una arenaria locale e indirizzata verso l’abitato di Gova, dove venne arrestato il 12 gennaio del ’45.
“Villa Minozzo fu teatro della guerra – ha spiegato il sindaco Elio Ivo Sassi – e il nostro comune accolse le persone che operarono per la Resistenza dopo l’Armistizio, come don Pasquino Borghi, Domenico Bondi e altri che lavorarono per la democrazia. Qui si provò a riorganizzare uno stato e Domenico lavorò con don Orlandini e altri. Torturato, non fece i nomi dei compagni, salvandoli, e pagò con la vita”.
“Oggi la nostra famiglia è di nuovo qui – spiega la nipote di Domenico, Daniela Bondi, avvocato a Bologna intervenuta con la medaglia d’oro del nonno sul petto – a testimoniare il valore del sacrificio e di non avere paura di difendere i principi della pace”.
“L’attualità della pace è il tema che rende attuale la figura di Domenico Bondi, così come oggi testimoniano i ragazzi raccontando la sua figura. 74 conflitti nel mondo dimostrano quanto ci sia bisogno di essere proprio testimoni di pace” ha ricordato Stefania Bondavalli, consigliera salita a portare il saluto della Regione Emilia-Romagna.
Don Giuseppe Grigolon, primo cappellano militare della legione carabinieri Emilia-Romagna e don Luigi Gibellini hanno concelebrato la santa messa commemorativa in una chiesa strapiena. “Osservando figure come quella di Domenico Bondi dobbiamo sapere fermarci e capire la via. A cambiare, anche, la nostra vita e ad accogliere ed aiutare. Il sangue da lui versato ci dice che abbiamo una nazione libera e democratica”.
L’iniziativa è stata promossa dal Comune di Villa Minozzo con le associazioni del territorio, le associazioni partigiane e Istoreco. Erano presenti il questore di Reggio Emilia, Giuseppe Ferrari, il comandante della compagnia di Castelnovo Monti, Marco Spinelli, le stazioni di San Polo e Villa Minozzo, il comandate dei carabinieri forestali del Parco nazionale dell’Appennino tosco emiliano, Adriano Bruni, il comandate della Polizia locale dell’Unione dei Comuni, Flaminio Reggiani, il presidente dell’ Associazione Nazionale Ufficiali in Congedo, Bersaglieri, Fabio Zani, la Guardia di Finanza, i picchetti delle associazioni storiche dell’arma, dei Partigiani, degli Alpini, dell’Unione Montana dei Comuni dell’Appennino, della Croce Verde Villa Minozzo e numerose persone della società civile, oltre che a parenti di Domenico Bondi.

LA STORIA

Domenico Bondi, nato il 16 settembre 1908, figlio di Paolo e di Gelsomina Battistelli, arruolatosi giovanissimo, a 16 anni, nel 1943 è in servizio già da sedici anni nell’Arma, e ha 32 anni. L’8 settembre 1943 era in servizio nella Legione carabinieri di Bologna. Decide subito di opporsi al nazismo e alla Repubblica di Salò, rifornendo di munizioni e di armi i primi gruppi partigiani e poi arruolandosi nella formazione “Gufo-Spera”, comandata dagli ufficiali dell’Arma Antonio Ganci e Pietro Guarnera. Prima è impegnato nella propaganda con i giovani del suo paese, incitandoli a non presentarsi alle chiamate alle armi, e verso i contadini, invitandoli a non consegnare all’ammasso la produzione agricola. Entra poi nella 26esima Brigata Garibaldi col nome di battaglia di “Fioravante” e il ruolo di intendente della Brigata. Partecipa a numerosi scontri armati, ma soprattutto mantenne i collegamenti tra le formazioni partigiane bolognesi, modenesi e reggiane. Il 12 gennaio 1945, nel corso di una missione, viene catturato dai nazifascisti a Secchio di Villa Minozzo. In quell’occasione aveva ricevuto l’ordine di resistere ad oltranza con i suoi uomini, che dopo diverse ore furono però costretti a desistere. Riuscì a metterli in salvo, a costo però della carcerazione e della sua stessa vita. Portato nella famigerata sede del centro torture di Ciano d’Enza. Dopo giorni di violentissimi interrogatori e sevizie, viene fucilato.
Nel dopoguerra, viene insignito Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. A Morsiano, una piazza porta il suo nome, mentre a Villa Minozzo è omaggiato con una lapide. A lui sono stati anche intitolati il 178° Corso allievi carabinieri ausiliari, tenutosi a Fossano nel 1993, nel secondo battaglione della Scuola Allievi di Torino nel 1993, e la caserma dell’Arma inaugurata il 6 maggio 2006 a San Polo d’Enza, quella da cui dipende anche il territorio di Ciano, il luogo della sua morte. A Bondi e ad altri tre partigiani è dedicato anche un torneo giovanile di atletica leggere promosso dall’Uisp in Appennino.

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