Per il 60° anniversario dei Morti di Reggio Emilia, Max Collini ci fa un grande regalo, e legge per noi, nella piazza dell’eccidio, “Perché i vivi non ricordano gli occhi di… Ovidio Franchi”, testo scritto da Arturo Bertoldi nel 2010 per la prima edizione del nostro progetto “Gli Occhi Di…”

 

Ovidio Franchi
(Gavassa di Reggio Emilia, 1941 – Reggio Emilia, 7 luglio 1960)

Ma lo posso dire che non si può morire in piazza a 19 anni? Sì, lo posso dire? Allora lo voglio urlare.

Io Ovidio Franchi, di anni 19, apprendista, segretario della FGCI del Circolo “La Cirenaica” lo urlo. Non si può! Non si può andare in piazza e morire. Come non si può che nessuno abbia mai pagato. Non è giusto, non è morale. Non può succedere in una democrazia.

E’ da quella giornata di luglio che mi gira in testa questo urlo. Mi esce dal cuore, mi esce dai polmoni, ma non ho più voce. Ci ha pensato una pallottola a spegnerla. Una pallottola sparata da chi doveva garantire l’ordine pubblico.

E, invece, si sono messi a fare tiro a segno. In una piazza dove la gente dovrebbe parlare, cantare, baciarsi, passeggiare, sognare, guardare le nuvole. Reggio Emilia, il 7 luglio 1960.

Ero andato lì con mio fratello. E con noi tantissimi altri giovani. Troppi per chi ci vuole schiavi della paura e della noia. La storia la sapete. La racconta anche una canzone. “Sangue del nostro sangue, nervi di nostri nervi….” La cantano tutti gli anni. Voi, però, questa volta non cantate. Urlate. Perché non si può. Non si può!