25 LUGLIO-AGOSTO ’43:
manifestazioni per la caduta del fascismo nella provincia di Reggio Emilia.

Le note che seguono (non riviste dall’autore) sono state ricavate dal saggio di Antonio Zambonelli25 LUGLIO-AGOSTO ’43: CADUTA DEL FASCISMO E AZIONE POPOLARE NELLA PROVINCIA REGGIANA, Ricerche Storiche n. 49, luglio 1983, pp. 5-21.

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L’annuncio delle dimissioni di Mussolini al popolo italiano fu trasmesso dalla radio alle ore 22.45 del 25 luglio 1943

LA MONTAGNA
Nei comuni dell’Appennino l’eco destata dall’annuncio della caduta del fascismo fu assai più blanda che in pianura.

NISMOZZA
Frazione del comune di Busana, i fascisti si mostravano increduli e sicuri di sé; mentre in pianura erano subito scomparsi dalla circolazione qui continuavano a ‘tenere la piazza’ mentre gli antifascisti rimanevano timorosi, benché felici della notizia appresa dalla radio o sentita da altri.

BUSANA
Fu organizzato ed attuato l’assalto alla sede del fascio, posta al piano superiore dell’edificio che attualmente ospita la farmacia: arredi, quadri e documenti vennero gettati dalle finestre; di tutto quanto era combustibile si fece un gran falò.

CERVAREZZA
Un ragazzo aveva preparato ed esposto cartelli con su scritto ‘Abbasso il fascismo, W il Re’.

CASTELNOVO NE’ MONTI
Le manifestazioni ci furono ma “niente di paragonabile a quanto avevo visto il mattino del 26 in pianura” racconta Giuseppe Battistessa “io che allora andavo e venivo per lavoro, ricordo che la Via Emilia, a Reggio, era cosparsa di vetri infranti, rottami e carte in seguito alle devastazioni delle case del fascio (Federazione e sedi rionali)”.
“A Castelnovo” continua Battistessa “entrò in azione un piccolo gruppo di antifascisti, tra cui Palchetti e Orlandi, entrambi comunisti: smontarono qualche targa di strade intitolate a personaggi o eventi del fascismo. Martellarono il fascio littorio che ornava la fontana in piazza e altri fasci che erano sui pilastri davanti al palazzo della Provincia. Intervennero i carabinieri ad ammonire gli autori di tali atti. Comunque” conclude Battistessa “c’era un contrasto netto con quanto avevo visto coi miei occhi a Reggio e dintorni”.

CASINA
“A Casina la notizia si conosce il 26 di buon mattino. Una piccola folla in parte incredula sosta nella piazza del municipio discutendo vivacemente dell’accaduto… un gruppetto di donne, di contadini che hanno interrotto il lavoro, di alcuni pronti per partire per la sagra di S. Anna di Leguigno, che va mano mano ingrossando, rumoreggia e grida perché dalla sede del fascio siano tolti gli emblemi e la scritta PNF e si faccia pulizia di ciò che contengono armadi e scrivanie. E’ un gettar giù gli arredi e di tante carte fra l’acclamazione della gente!” in G. Caroli- P. e G. GregoriCasina in guerra, Reggio Emilia, AGE, 1995, pp. 383-384 (citato da G. MagnaniniIl regime Badoglio a Reggio Emilia. 25 luglio 8 settembre 1943, Teti editore, milano 1999, p 19 nota 28).

BAISO
Non si ebbero manifestazioni clamorose. Tuttavia, soprattutto ad opera di alcuni antifascisti di Castagneto si procedette alla cancellazione di scritte mussoliniane relative ad aratri, spade e culle, lungo la strada provinciale.

CARPINETI, VILLA MINOZZO, RAMISETO, LIGONCHIO
Nessuna pubblica manifestazione risulta essersi svolta.

LUNGO LA VIA EMILIA
SANT’ILARIO
“Tutti i cittadini si riversavano gioiosamente nelle strade, nella Cooperativa si cantava ‘Bandiera rossa’, nelle case si bruciavano i ritratti del duce e dal Municipio finalmente ritornato libero si parlava liberamente al popolo festante. Popolo che in quei giorni di gioia e di speranza seppe anche a S. llario trattare generosamente i fascisti che, tremanti e spauriti mendicavano scuse per il loro passato di vergogna […]; di quei giorni il ferimento di inermi cittadini, Mazzali Felice e Palmia Bruno colpiti da due carabinieri che si attennero strettamente al badogliano ordine di sparare su assembramenti di più di tre persone”.

CAMPEGINE
Ricordiamo il celeberrimo racconto fatto da Papà Cervi in I miei sette figli, della spaghettata colossale organizzata da Aldo il 26 luglio sulla piazza di Campegine.
Riportiamo la testimonianza di un campeginese tornato a casa dal reparto in cui prestava servizio militare, proprio pochi giorni dopo. “Campegine esultava ancora. In piazza c’era stata le prima grande festa popolare a base di pastasciutta e di lambrusco per tutti, ed era tutto un gran dire. Il paese si stringeva orgoglioso intorno ai suoi migliori antifascisti. Chi attirava più gente in capannelli a non finire era Eros [Dididmo Ferrari], lo stimato comunista appena ritornato in libertà dopo circa un decennio di carcere e di confino”.

CALERNO, VILLA GAIDA, CADE’, CELLA, PIEVE MODOLENA
La via Emilia cosparsa di fogli di carta intestata dei rispettivi Fasci di frazione.

REGGIO EMILIA
Diverse le manifestazioni
Sotto il Mercato coperto, affollatissimo, si tenne, in mattinata, un improvvisato comizio dell’avv. Piero Fornaciari, che ‘avendo vissuto la tragedia greco-albanese’ come ufficiale degli Alpini, arringò la folla che gremiva il Mercato (come ci mostra anche una foto scattata da Aldino Codeluppi) inneggiando alla pace.
“L’esplosione iraconda e al contempo gioiosa” scrive Fornaciari,”sommergeva ogni canto in quell’assolato 25 luglio, busti del duce in metallo e ritratti agganciati agli automezzi, sbatacchiavano e si infrangevano per le contrade. Nessuna rivolta, il popolo esultava, il fascismo si era spento tra risate e dileggi senza reazione […], giornate quelle azzurrissime, pareva nell’esultanza si potessero staccare lembi di cielo, procedevamo per strade provinciali tra le opere festanti dei contadini che inneggiavano al nostro trascorrere”.
Infatti, lo stesso Fornaciari, assieme ad una ventina di altre persone, era salito su di un camion imbandierato che, condotto da Brenne Arbizzi, era partito da Piazza del Duomo verso le 11 del mattino e aveva compiuto una tourné e verso la Bassa, toccando Cadelbosco, Castelnovo di Sotto e Poviglio.

LA “BASSA”
CADELBOSCO SOPRA
“Visitammo la camera di sicurezza; i C.C. ci ricevettero con deferenza” scrive Fornaciari “nessun ‘fermato’, inondammo la piazza di tutto quanto si trovava nella case del fascio”.
Ma i cadelboschesi si erano già messi in movimento sia nel capoluogo che nelle frazioni, anche per conto proprio: “Furono scalpellati gli emblemi del regime ed invase le sedi del fascio” scrive Giuseppe Carretti “Colonne di dimostranti con alla testa Edmondo Franzoni, Valter Cantarelli, Alfredo Rossi e Bovio Manzotti [tutti comunisti già durante il ventennio, Rossi dal 1921] percorsero le strade del comune cantando inni patriottici. La gioia era tanta che nessuno dei capi fascisti locali fu toccato, tranne qualche caso isolato”.

CASTELNOVO SOTTO
“Abbiamo buttato giù tutti gli stemmi fascisti siamo andati alla sede del fascio e l’ abbiam buttato fuori..” (Nelson Sedani).
Sedani ed altri erano andati in paese dalla frazione di Cogruzzo, in bicicletta.
“Eravamo in molti,ce n’era anche di Reggio, c’era l’Avv. Fornaciari; e poi siamo andati a Castelnovo a casa dei grandi gerarchi, dei quali uno, siamo andati lì e gli abbiam preso la sahariana, il fez, tutto quello che aveva di fascista: lui non c’era, e gli abbiam dato fuoco lì proprio nel suo cortile. E cosi siamo andati da vari altri” (Nelson Sedani).
Sigifredo Ruspaggiari andò egli stesso “con una scala ad abbattere il fascio che c’era sul campanile di Cogruzzo, frazione di Castelnovo Sotto. Quando il fascio cadde (era di ferro) quasi colpì il prete che stava lì a guardare ma non parlava. A quell’epoca andavo a lavorare a Reggio in bicicletta. Al mattino ero presente in città quando ci fu la manifestazione davanti al carcere di San Tommaso. Venne liberato anche Chiesi, un antifascista di Castelnovo; lo portai a casa io sulla canna della bicicletta”.

Sul numero di agosto del periodico parrocchiale “Voce amica” l’arciprete di Castelnovo Sotto, don Tullio Fontana, che era stato il primo segretario del PPI reggiano, scriveva in un articolo dal titolo Cronaca castelnovese: “Per il cambiamento della cosa pubblica in tutta la Nazione ed anche in Castelnovo Sotto: grandi dimostrazioni di gioia […] i castelnovesi sono stati molto ragionevoli e diciamo veri italiani: hanno accolto l’invito di S.M. il Re e del nuovo Capo del Governo colla disciplina ben nota […]: la vendetta è sempre vendetta ed indica animo molto cattivo”.

POVIGLIO
“Il 26 luglio la gente si radunò in Piazza, esprimendo la propria gioia […]. Nella tarda mattinata giunse il famoso camion di cui abbiamo già letto nella testimonianza dell’Avv. Fornaciari”.
E fu proprio il Fornaciari a neutralizzare con un pugno un vecchio squadrista che, pistola in pugno, voleva impedire ai ‘facinorosi’ l’ingresso in Municipio e ad arringare la folla dal balcone mentre sulla piazza, in un bel falò, bruciavano ritratti di Mussolini, fasci di cartone ed altra paccottiglia varia.
A San Sisto furono invasi i locali del dopolavoro e scaraventati dalle finestre quadri ed arredi, risparmiando però i documenti personali dei lavoratori.

GUALTIERI
“A differenza di quel che avveniva in ogni paese vicino, ivi compresa la frazione di Santa Vittoria […] la manifestazione era talmente pacifica che nessuno sembrava darsi da fare per demolire le insegne della dittatura” [] “Sulla piazza la folla commentava rumorosamente le notizie che giungevano dai paesi limitrofi […]. Il suono delle campane della chiesa si spandeva gaio e festante mentre il canonico (mons. Mori) discuteva pacatamente invitando i più spinti alla calma” (Serafino Prati).

GUASTALLA
Fin dalla notte tra il 25 e il 26 luglio si erano sentite per le vie grida di gioia dopo l’annuncio trasmesso dalla radio. Il mattino del 26, alle prime luci del giorno, le manifestazioni si scatenarono in vari punti della città. Alla casa del fascio vennero gettati dalle finestre, nel cortile circondato da portici, emblemi, bandiere, mobili, schedari; nel gran falò che ne seguì, tutti continuarono, nel corso della mattinata, a portare qualcosa da bruciare. Alcune squadre andavano in giro a distruggere i vari emblemi e lapidi fascisti. Ugo Sassi, all’epoca ventitreenne (ma già militante comunista nella clandestinità come James Malaguti, che aveva 19 anni) tenne un improvvisato comizio facendo appello ai giovani perché prendessero in mano le situazione. Maino Malaguti (padre di James) segretario della sezione comunista clandestina durante il ventennio, si incontrò immediatamente con un rappresentante socialista ed un repubblicano per uno scambio di idee sulle prospettive politiche.
Tra gli animatori delle manifestazioni si possono poi citare i nomi di altri comunisti già organizzati fin dagli anni Trenta, come Aronne Tondelli, responsabile del gruppo di Guastalla centro, Zani, capo mastro muratore, Fornasari (che sarà vice Sindaco dopo la Liberazione), Righini, muratore, e Beltrami, artigiano.
Alle trancerie Messina, che all’epoca occupavano circa 800 lavoratori, non fu formalmente proclamato lo sciopero, ma gli operai andavano e venivano dentro la fabbrica senza lavorare e discutendo animatamente.
A Palazzo Mossina, simbolo del ‘capitalismo’ locale, e per di più ornato da una grande statua del duce in una sala del piano nobile, i manifestanti irruppero e abbatterono la statua stessa che venne trascinata rovinosamente giù per le scale. Da notare che alcuni piccoli industriali del posto si mostrarono particolarmente accaniti in questa operazione, probabilmente per rifarsi una nuova immagine nell’improvviso mutare dei tempi.

LUZZARA
Fin dalla sera del 25 luglio un gruppo di antifascisti (Mastri, Campari e Malanca) appena appresa la notizia trasmessa dalla radio, andarono ad abbattere le insegne littorie poste davanti alla casa del fascio.
II mattino del 26 si ebbero manifestazioni popolari nel capoluogo e nelle frazioni.
Villarotta la sede del fascio fu invasa e vennero bruciati sulla pubblica piazza documenti, registri, quadri, ecc.

FABBRICO
Si registrano analoghe manifestazioni popolari.
Dal Diario del parroco di allora, Don Bassoli, che sotto la data ’26 luglio [1943]’, scriveva tra l’altro: “Come un po’ in tutti i paesi, così a Fabbrico non si limitarono solo a togliere tutti i ricordi del Duce, ma per opera di giovinastri fu data la scalata ai pubblici Uffici, lasciati deplorevolmente incustoditi, e dato alle fiamme tutto che venne loro alle mani”. “Preghiamo Iddio ” conclude Don Bassoli da uomo pio e d’ordine ” che il Generale Badoglio, cui la Maestà del Re affidò le sorti del Governo in questo momento difficile, possa contenere attraverso ad un Regime militare gli inconsulti propositi, e guidare la Nazione a migliori destini”.

NOVELLARA
Il mattino del 26 luglio “si formò spontaneamente un corteo di popolo che si recò davanti alla casa del fascio. Giuseppe Cattabiani si arrampicò fino al balcone, aprì le porte e cominciò e gettare dalle finestre documenti e ritratti del duce, ben presto imitato da altri manifestanti. Si fece poi un gran falò del materiale raccolto […] ai fascisti, non fu torto un capello”. Le parole d’ordine che si sentivano gridare invocavano la pace ed il ripristino della libertà.
“Le mondine nelle risaie cantano bandiera rossa durante il lavoro”.
All’ora di pranzo lasciano il lavoro e verso sera sfilano in corteo con altri manifestanti per le vie del paese.

CAMPAGNOLA
I comunisti Ennio Griminelli, Sereno Poli, Armando Bellesia ed Ennio Ferraroni, sono tra gli animatori delle manifestazioni popolari.
Dal Municipio e dalla casa del fascio (che aveva sede nella residenza municipale) vennero buttati in piazza documenti e ritratti del duce.
Il 28 luglio Griminelli e Poli vennero arrestati dai CC quali organizzatori della manifestazione, ma vennero ben presto rilasciati in seguito ad una dimostrazione popolare davanti alla caserma dei CC di Novellara nella quale erano trattenuti.

RIO SALICETO
Gran folla in piazza e la presenza animatrice di vecchi quadri del PCI clandestino come Alberto Battini, Ferruccio Battini, Contardo Trentini (comunista dal 1921; verrà fucilato dai fascisti assieme a Ferruccio Battini e ad un terzo riese, Enrico Menozzi, il 30 gennaio ’44), Sovente Sabbadini (cadrà da partigiano il 12 marzo ’44 a Pieve di Trebbia, Lombardia), e Roberto e Artemio Montanari, Vittorina Rifreddi, Amerigo Bigi, Alfeo Sabbadini, Armando Margini e Clivio Asioli (entrambi comunisti dai primi anni trenta, Margini condannato a 8 anni di carcere dal Tribunale speciale nel ’36).
“Andammo tutti davanti alla casa del fascio, Alberto Scaravelli, che era un componente del direttorio, scese dalle scale dell’edificio con una rivoltella in pugno [E’ una delle rare notizie di resistenza fascista, NdR]; la gente si sfogò bruciando la roba che si trovava nella sede, anche una divisa. Il Maresciallo dei carabinieri non voleva. ‘Noi bruciamo una divisa’, gli rispondemmo, ‘e loro ci hanno bruciato la cooperativa’ (Alberto Battini).
Alberto Battini andò poi lo stesso giorno a Correggio da Aldo Magnani per consultarsi con lui ed avere un orientamento ‘di partito’. Magnani gli disse tra l’altro di tornare subito a Rio e cercare di salvare tutti i documenti e i carteggi che si trovavano nella casa del fascio. Ma era troppo tardi, perché anche a Rio l’incendio blandamente vendicatore (e deprecabile per noi pedanti ricercatori di fonti storiche) era già avvenuto.

CORREGGIO
Grande animazione di folla fin dal mattino. Ma per alcune ore non si era riusciti ad entrare nella casa del fascio, dove si era asserragliato un noto ‘ras’ locale, Quirino Codeluppi, detto Nacio, per distruggere carte a suo giudizio compromettenti.
Nel pomeriggio, operai correggesi delle ‘Reggiane’ ritornati dalla manifestazione cittadina, entrarono con decisione nella sede del fascio mandando a casa Nacio e il suo giovane segretario (il futuro avvocato Enzo Ferrari, diventato poi banchiere di fama nazionale) e dando il via al lancio di carte ed arredi vari dalle finestre. Fu anche gettato, e trascinato per le vie, un busto di Mussolini mentre qua e là divampavano i consueti falò.
Tra gli animatori delle manifestazioni si distinsero Umberto Pisa (operaio delle ‘Reggiane’), i già ricordati Destino Giovannetti, Romeo Renassi, Umberto Dodi e Dario Gaiti nonché Ottavio Morgotti (già condannato a 8 anni di galera nel ’36 per appartenenza al Pcd’I, sarà poi comandante dei G.A.P. di Parma) e un gruppo di giovani comunisti tra cui lo studente universitario Mario Banoli, Pietro Gibertoni, Leo Corradini, Mario Codeluppi, Fortini.

SAN MARTINO IN RIO
Alcuni antifascisti di correggesi si recarono San Martino in Rio per dare manforte ad antifascisti del posto per devastare la locale casa del fascio.

RUBIERA
La popolazione percorre festosamente le strade. Ma qui, già nella notte tra il 25 e il 26 luglio, Carlo Fantuzzi (comunista dal ’21), Eugenio Setti (5 anni passati al confino), Enzo Setti, Otello Nicolini e Al Profugh erano andati per le strade del paese cantando Bandiera rossa. Alcuni, guidati da Pietro Rodolfi (militante comunista), il mattino del 26 invasero la casa del fascio gettando dalle finestre documenti e arredi: ne venne fatto un falò nella piazza XXIV maggio; altri smantellarono i fasci littori che ornavano le facciate delle case dei ferrovieri.
Otello Nicolini, altro vecchio militante comunista, ricorda un improvvisato comizio tenuto da un ufficiale dell’esercito, Gottardo Bottarelli: “Spiegava la situazione ripetendo il famoso comunicato di Badoglio “la guerra continua”. Molti dalla folla gli rispondevano ‘No! Basta con la guerra!'”.
Bottarelli diverrà poi partigiano nelle SSP locali e poi nelle ‘Fiamme Verdi’.

LA PEDECOLLINA
CIANO D’ENZA
“Di buon mattino […] gli antifascisti avevano distrutto […] i simboli del regime, ne avevano incendiato le carte in piazza fra il giubilo popolare”.

BIBBIANO
“Ognuno sfogò come poté la collera repressa per un ventennio senza che, peraltro, venissero compiuti atti di violenza ad uomini o cose: una vetrina rotta (quella della farmacia gestita da un fascista), una sberla al segretario del fascio locale, la distruzione di emblemi e documenti fascisti nella sede del fascio…
Mario Ferrari [vecchio militante comunista] ricordò che la presenza di truppe tedesche […] significava l’inevitabite ritorno del fascismo e quindi la prospettiva di una guerra civile per la liberazione dall’invasore.
Nelle fabbriche Melloni e Lanzani i comunisti Ugo Incerti e Mario Ferrari organizzarono lo sciopero delle maestranze contro la guerra. Furono per questo arrestati dai Carabinieri e portati alle carceri di Montecchio, da dove vennero ben presto liberati dalla pressione popolare di bibbianesi che andarono a protestare davanti alla caserma dei Carabinieri”
.

CAVRIAGO
“La mattina del 26 la folla improvvisò un grande corteo” [] “si tiravano giù i simboli del regime” [] “come due grandi fasci littori di vetro colorato issati sul balcone del Municipio, si invadeva la sede del Pnf e se ne traevano i documenti, ritratti ed altre suppellettili da gettare in falò” (come testimonia Emore Gilli, ex condannato dal Tribunale speciale per appartenenza al PCI).
“Andavamo in giro a prendere le camicie nere e le sahariane da ammucchiare in piazza. Guido Burani, che era responsabile di settore per il PCI, mi fermò e mi disse di non espormi” (Emore Gilli).

QUATTRO CASTELLA
Anche qui simboli carte, fotografie di Mussolini e bandiere del regime finiscono in un falò.

“Nella notte tra il 25 e il 26 luglio 1943 i dirigenti comunisti, che spesso ascoltavano emittenti antifasciste per non lasciarsi sorprendere senza direttive da eventi improvvisi, apprendono la caduta di Mussolini [] A Salvarano i fascisti, piuttosto numerosi, non si rendono conto che le cose sono cambiate e tentano di far cordone davanti alla sede”.”Ma la popolazione ” ricorda Sperindio Ghidoni ” li travolge ed entra negli uffici del fascio. Ne trae documenti e bandiere che vanno ad alimentare il falò acceso in piazza”. Quindi la folla si dirige verso Montecavolo per unirsi alla manifestazione popolare già iniziata.
A Montecavolo intanto, Romeo Ghidoni e Gianni Incerti in testa, recupero e rogo di documenti e bandiere sono già avvenuti. La popolazione è tutta raccolta in piazza dove alcuni dirigenti parlano delle prospettive di democrazia e di pace. Poi inizia il corteo verso Quattro Castella, al quale si associano i lavoratori scesi da Salvarano. Lungo la strada il corteo s’ingrossa. All’altezza di Roncolo giovani e anziani con bandiere e cartelli si uniscono alla folla. Quando questa giunge nel capoluogo, un altro migliaio di persone sta manifestando nelle due piazze”
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ALBINEA, CASALGRANDE
Risultano manifestazioni ma non si hanno documenti al riguardo.

SCANDIANO
Qualche notizia, debitamente addomesticata, fu pubblicata il 29 luglio sul ‘Tricolore’, nuova versione del vecchio ‘Solco fascista’, dove apprendiamo che:
“Nella mattinata di lunedì scorso si sono iniziate spontanee manifestazioni da parte di numerosa folla che ha inneggiato alla riconquistata libertà […] tutte le famiglie hanno adornato balconi e finestre con drappi e bandiere tricolori… Anche nelle diverse frazioni si sono svolte spontanee dimostrazioni, e fra queste va rilevata quella di Ca’ de’ Caroli dove insieme agli operai dimostranti si è unita una compatta folla di bambini”.
Da testimonianze di protagonisti, apprendiamo poi che il 26 si tenne un comizio “a Rondinara, dove la folla era riunita in piazza in occasione della fiera di Sant’Anna; presenti i comunisti Vitaliano Francia, Nemesio Croni e altri antifascisti”.

Da un rapporto del Commissario prefettizio, datato 31 luglio, si apprende poi, per quanto riguarda il paese di Scandiano, che il 26 luglio:
“una colonna di circa 600 dimostranti intendeva fare il giro delle vie ma veniva subito affrontata [dai Carabinieri] e dispersa. Il mattino del 27 veniva infranta la lapide che ricordava il martire fascista Ugo (leggasi Gino) Germini. La sera dello stesso giorno 21, circa le ore 20,30, in via Garibaldi si radunarono circa 300 persone […] ma il provvido e tempestivo intervento dei Marescialli Zucconi e Troso disperdeva […] gli assembrati”.

CASTELLARANO
Militanti comunisti condannati dal T.S. [Tribunale speciale] come Bruno Cavazzoni, vecchi socialisti bastonati dagli squadristi nei primi anni venti, anche dei cattolici, vanno a cancellare le scritte fasciste e le immagini di Mussolini stampigliati sui muri.

LE MANIFESTAZIONI DI AGOSTO
Nell’ultima decade di agosto, decine di comunisti reggiani tornarono dalle carceri o dai luoghi di confino. Come era ritornato Didimo Ferrari. (Eros) [] era tornato anche l’ Avv. Osvaldo Poppi, fortunosamente fuggito dalla detenzione (era stato condannato a 20 anni di galera nel ’39) rifugiandosi in Svizzera, che sarà Commissario generale delle formazioni partigiane modenesi.
Durante il mese di agosto, nonostante la sanguinosa repressione del 28 luglio alle ‘Reggiane’, nuovi scioperi si ebbero in vari luoghi della provincia, tra i lavoratori agricoli e industriali, compresi quelli delle ‘Reggiane’, dove “circa 4.000 operai […] hanno dalle ore 10 alle ore 10,30 (del 18 agosto) incrociato le braccia in segno di giubilo per […] il licenziamento di 48 Operai squadristi”; con aggiunta, citiamo le parole del Prefetto di Reggio, che “subito dopo di ciò prese a serpeggiare fra gli operai il proposito di un’analoga manifestazione non appena la notizia della caduta della Sicilia fosse stata ufficialmente comunicata. In sostanza ” commenta il prefetto Vittadini ” si tratta dell’applicazione di direttive per disturbare il lavoro negli stabilimenti per la produzione di guerra”.

Due giorni dopo di quel 18 di agosto, veniva affisso nello stabilimento un avviso firmato dal colonnello Luigi Trucchi, capo della ‘terza delegazione’ e dal maggiore Morano Pignatti, ufficiale del Servizio Informazioni Difesa presso le Omi ‘Reggiane’, con cui veniva revocata l’assegnazione all’industria, con conseguente richiamo alle armi, di 34 operai delle Reggiane, quale sanzione per l’astensione dal lavoro verificatasi ‘nei decorsi giorni’.

Il 18 agosto scioperano anche i lavoratori agricoli di Rio Saliceto, dove nei “turni precedenti alcuni attivisti antifascisti avevano fermato diversi squadristi consegnandoli ai carabinieri di Fabbrico”. In seguito a quello sciopero, 22 braccianti riesi vennero a loro volta tratti in arresto dai carabinieri sicché si trovarono in carcere (il San Tommaso di Reggio) assieme ai compaesani squadristi.
Nel pomeriggio dello stesso giorno sciopero anche, alla Landini di Fabbrico, di circa 300 operai, “in segno di profesta contro la continuazione della suerra”.

Notevole appare poi la produzione di materiale propagandistico, manoscritto o stampato, contro la guerra.
Il 16 agosto a Fabbrico compaiono scritte murali del seguente tenore: “W il proletariato, vogliamo le pace. Via i fascisti dagli impieghi. Via Aimone Landini dal comune”.
Nella notte del 17 agosto a Bagnolo in Piano compaiono affissi ai muri manifestini scritti a mano, “contenenti parole di invito alla gioventù e alle donne d’Italia a cacciare via i tedeschi per evitare la guerra sul territorionazionale”.
Tra il 23 ed il 30 agosto, diverse copie di un volantino stampato, in lingua tedesca, rivolto ai soldati germanici, vengono rinvenute a Sant’Ilario e a Montecchio. Vi si legge fra l’altro: “Solo la fine di questa guerra di distruzione, voluta da Hitler e Mussolini, eviterà la totale distruzione dei nostri paesi. La pace in Italia porterà in seguito la pace in Germania ed il popolo italiano vedrò in voi, nell’Europa finalmente liberata, un popolo fraterno”.

Negli stessi giorni vengono rinvenuti altri volantini a stampa, di contensto antibellicista, recanti l’intestazione ‘Comitato nazionale d’azione antifascista’ e le firme ‘Gruppo di ricostruzione liberale, Democrazia cristiana, Partito d’Azione, Democrazia del lavoro, Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, Partito Comunista Italiano’.
Manifestini antifascisti non meglio precisati vengono rinvenuti il 31 agosto a Correggio.
Il 4 settembre a San Martino in Rio appaiono numerosi volantini, stampigliati (quasi certamente ad opera di Aldo Cervi e suoi collaboratori) su rettangolini di carta lunghi e stretti, contenenti slogans contro la guerra e contro il nazifascismo.
Tale azione di propaganda contro la guerra, era soprattutto condotta da militanti comunisti presenti in tutta la pianura. Il PCI, durante i 45 giorni, fu anche impegnato a ricomporre la propria rete organizzativa su tutto il territorio provinciale, come ci confermano numerose testimonianze (che non staremo a citare in questa sede) raccolte in comuni come Campagnola, Correggio, Castelnovo Sotto, Campegine, Ciano d’Enza, Cavriago, Scandiano, Rubiera, ecc.
Ed erano comunisti a subire l’opera repressiva del potere badogliano: così per esempio a Cavriago, dove fin dal 29 luglio vennero arrestati diversi esponenti comunisti, alcuni dei quali in libertà vigilata da pochi mesi dopo aver scontato anni di carcere: Luigi Emore e Vaifro Gilli, Luigi Paterlini, Emilio Niccioli, Virginio Burani, Gemello Govi, Onder Boni, Maria e Romeo Bomlauri. Vennero tutti liberati il 18 agosto, probabilmente in base all’esecuzione della disposizione governativa sui detenuti politici.
Anche altre forze politiche cominciano a mettersi in movimento durante i 45 giorni. Così risulta (da una testimonienza di Ivano Curti) che i socialisti tennero una riunione in un’osteria tra Cavriago e Barco; vi svolse una relazione Prandi e vi erano rappresentanti di varie zone della provincia 38.
Anche i cattolici, tra fine luglio e fine agosto, tengono una serie di riunioni alle quali partecipano il Ten. col. Alberto Codazzi, il Dott. Pasquale Marconi, i fratelli Dossetti, il Prof. Corrado Gorghi, la Prof. Lina Cecchini, l’on. Manenti, Don Prospero Simonelli, l’Ing. Tomolo, l’Agronomo Farioli; il Prof. Ettore Barchi, Casoni e Righi di Poviglio, Benatti di Guastalla, Galli di Castelnovo Monti, Paterlini e Scaltriti di Correggio, l’Ing. Domenico Piani; vi si discute “dell’organizzazione di un partito dei cattolici, per il momento autonomo da simili iniziative sorte in altre parti d’Italia. Si tratta di costituire per il momento un Centro Studi Sociale Cristiano”.
Ma chi già si muove, oltre che discutere, sul terreno di un’azione di propaganda decisamente antinazifascista, così come nella raccolta di armi, è il partito comunista.
E sarà lo stesso partito, all’indomani dell’8 settembre, a gettare immediatamente le basi per l’avvio della lotta armata.