“La Guerra del football”, “La partita della morte”…troppe volte il calcio, travolto dal turbine della Storia, è diventato vittima delle tragedie procurate dai carnefici dell’epoca. Il libro che vi presentiamo oggi ripercorre una storia ai molti sconosciuta: “Ajax, la squadra del ghetto: il calcio e la Shoah”, di Simon Kuper, edito da Isbn.
L’Olanda “è stato il luogo dove l’Olocausto e la vita quotidiana si sono incontrati”, scrive l’autore. In particolare ad Amsterdam, dove la presenza degli ebrei era fortemente radicata in città. Se oggi i tifosi dell’Ajax, durante le partite in casa, sventolano il vessillo con la stella di David, lo si deve soprattutto alle sofferenze che il popolo olandese e quello di origine ebrea hanno condiviso durante la seconda guerra mondiale.
Lo consigliamo perché…
È un libro strano, contundente, molto documentato. Il sottotitolo “Il calcio e la Shoah” contribuisce a chiarire le idee. Dentro ci sono tante storie e tante vittime. C’è la storia di Jaap Van Praag, presidente nel periodo di Cruijff, che riuscì a sfuggire ai rastrellamenti nascondendosi nel retrobottega d’un negozio per due anni. C’è la storia di Matthias Sindelar, più noto in Italia come Cartavelina per il fisico esile. Rifiutò, lui austriaco, di giocare nella Germania del Reichstrainer Sepp Herberger e, pochi mesi dopo il mondiale del 1938, fu trovato morto, a letto con la sua donna, Camilla.
Avvelenamento da ossido di carbonio fu l’etichetta ufficiale, ma non ci credette
nessuno. C’è la storia di Kuki Krol, padre del Ruud che giocò nel Napoli: figura di spicco della resistenza olandese, aveva nascosto molti ebrei. Del suo stesso gruppo faceva parte Leo Horn, diventato famoso come arbitro (fu lui a dirigere il 6-3 dell’Ungheria a Wembley nel 1963).
Nel 1940, al momento dell’invasione tedesca, la gran parte degli 80 mila ebrei di Amsterdam viveva nel quartiere detto Jodenbuurt. Le famiglie dei mercanti più agiati, come il padre di Anna Frank, risiedevano nella parte est della città. Furono deportati quasi tutti, donne e bambini, tifosi e giocatori. L’attaccante Eddy Hamel morì ad Auschwitz. Cose atroci e passate?
Allora bisogna ricordare che quando l’Ajax entra in campo i tifosi di Feyenoord e Den Haag rifanno il verso delle docce a gas, che nel 1999 alla festa dello scudetto il terzino del Feyenoord Ulrich van Gobbel urlò otto volte nel microfono «chi non salta un ebreo è» e che al coro partecipò il capitano della squadra, van Gastel. Che nell’ultimo campionato olandese un arbitro ebreo ha sospeso la partita, all’Aja, per i cori antisemiti dei tifosi. Cose olandesi?
Non solo. All’Olimpico, la sera di Roma-Ajax, un gruppo di tifosi romanisti alzò questo striscione: «And now… go to have a shower» (E adesso…andatevi a fare una doccia).
Era il 19 marzo 2003.
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