Oggi più che mai, in un tempo in cui la guerra e le stragi sono diventate la nostra quotidianità, la nostra Storia passata ci può forse insegnare qualcosa. Oggi parliamo di Pinelli: una finestra sulla strage di Camilla Cederna, scritto nel 1970 ma sempre attuale nella sua cruda memoria di uno dei momenti più terribili dell’Italia contemporanea, ovvero la strage di Piazza Fontana a Milano.

pinelli

12 dicembre 1969, h. 16.37.
È scoppiata una bomba a Milano. Prima han detto che era una caldaia, ma non si capiva.
È scoppiata l’Italia del Boom, quella che ha fatto crescere il PIL e ha ricostruito un paese in macerie.
Era nell’aria, come l’odore acre dell’esplosivo dentro una banca. La perdita collettiva dell’innocenza avviene esattamente lì, in un freddo pomeriggio di dicembre, il 12, mentre si svolgono le contrattazioni di mediatori e contadini venuto dal forse col vestito buono e il cappello il paltò della festa.
Forse han concluso affari, forse no: quella bomba che ha che ha divelto pavimenti, frantumato vetri, si portata con se 16 morti e molti feriti.
16 morti più uno.
I funerali si svolgono in una giornata di gelo e di nebbia, con  le donne in lutto eia fazzoletto stretto sotto la gola. Si cerca di capire. Si cerca di individuare  il colpevole, uno,  o forse più persone.
Poche ore dopo la strage, qualche giornalista fin troppo solerte, ha la risoluzione del problema: gli anarchici. E così sarà per la questura.
Ho parlato di 16 vittime; la 17° sarà Giuseppe Pinelli, ferroviere, anarchico, animatore del circolo del ponte della Ghisolfa e del circolo Scaldasole, a Milano.
Sposato con Licia, 2 figlie, un lavoro, una vita dedicata alla causa dell’anarchia.
Pinelli era il colpevole? Come mai si intrecciano sventuratamente queste due vicende?
Alla prima domanda, ora, dopo 47 anni , grazie agli atti processuali possiamo escluderlo, 47 anni, e non c’è un colpevole.
O meglio, i colpevoli ci sono, quel sangue, quel cappello posato sul banco delle contrattazioni, l’odore ferroso del sangue, quello c’è. A noi rimane questo libro da sfogliare, da leggere per comprendere come eravamo, come siamo diventati.
Non eravamo vergini allora, come si pensava, lo saremmo stati ancor meno negli anni a venire, dove le bombe hanno tracciato una scia di lutti e di rabbia che nessuno ha voluto dare una risposta.
Pinelli.
Il titolo del nostro libro, Pinelli che una notte , come scriverà Adriano Sofri nel 2009, Pinelli e la sua precipitazione dal quarto piano della questura la notte del 15 dicembre .
Pinelli capro espiatorio,Pinelli che convocato in Questura segue  volontariamente col suo motorino, unico suo mezzo di locomozione, il commissario Calabresi fino in questura, dove ne uscirà cadavere.
Camilla Cederna ha svolto un mirabile lavoro di indagine e di ricostruzione dei fatti dell’epoca.

Lo suggeriamo perché…

Per non perdere la memoria di quel che è stato, per capire come si possa entrare vivi in questura e uscirne cadaveri (Stefano Cucchi, uno per tutti), per comprendere quel che eravamo e quello che siamo a tutt’oggi, per capire la trasformazione di un paese anche attraverso i suoi momenti più bui.

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