Quando si accenna alla partecipazione dei contadini reggiani alla guerra di Liberazione, solitamente ci si limita a citare alcune gloriose famiglie che si impegnarono totalmente nell’azione diretta o nella collaborazione più stretta coi partigiani, e che pagarono poi questa loro scelta con sacrifici gravi in vite umane: i Cervi, i Manfredi, i Miselli.
Esempi certamente convincenti e toccanti della adesione contadina, tuttavia non i soli.
Pochissimi conoscono la storia dei Fratelli Vecchi.

Le loro vicende e il loro sacrificio rappresentano un valore ancora da scoprire. La memoria dei Vecchi, di Gavasseto, naturalmente è viva in particolare nei loro conterranei. Un Comitato locale, nel trentesimo della Resistenza, ha dedicato ad essi un opuscoletto, quasi un volantino. Ma quel lodevole fatto non è stato certo sufficiente a far conoscere questi martiri al di fuori della ristretta zona di Gavasseto.
Per riparare all’oblio quasi totale in cui per 35 anni è stato lasciato quest’altro tipico esempio, ci accingiamo ora, sia pur tardivamente, a tracciare un profilo di questa particolare famiglia di contadini partigiani, dopo aver preso contatto con le vedove, coi figli e con vari protagonisti che ai Vecchi furono vicini nei momenti della cospirazione e della lotta armata.
I Vecchi erano stati contadini da sempre. Vivevano su un fondo di 40 biolche che essi lavoravano a mezzadria.
Angelo, il padre, era morto nel 1940, la madre Caterina Fiorini, invece, era deceduta sin dal 1937.

Con la scomparsa dei genitori la famiglia poggiava pertanto sui quattro figli: Giuseppe del 1908, Gino del 1913, Onesto del 1915 e Giovanni del 1920, interamente impegnati nel duro e poco redditizio lavoro dei campi. I parenti superstiti ricordano oggi una vita di sacrifici e di ristrettezze se non proprio di fame. I patti colonici capestro, lasciavano allora i mezzadri nell’indigenza.
Col fascismo, nonostante la demagogia ufficiale, non migliorarono certo le condizioni della famiglia, che tuttavia cresceva a causa dei matrimoni dei fratelli.
Le cose non andavano lisce quanto alla politica. I Vecchi, come una grande parte dei contadini reggiani, badavano soprattutto al lavoro, indifferenti e scettici di fronte al grande agitarsi dei fascisti.
Il vecchio Angelo, nel corso del “ventennio”, aveva ripetutamente rifiutato la tessera del fascio, a costo di farsi la fama di avversario del “regime”, cosa assai scomoda in quei tempi.
La guerra di Abissinia fu il primo campanello d’allarme che risuonò all’interno della famiglia: Gino venne spedito in Africa e, poco dopo il congedo, fu nuovamente richiamato alle armi.
A sua volta Onesto fu richiamato nel 1941 e mandato in Russia con il Corpo di Spedizione Italiano. I famigliari lo ricordano piangente alla partenza, quasi presentisse di non tornare. E infatti non tornò: fu dichiarato disperso e la moglie, alcuni anni dopo, ottenne la dichiarazione di morte presunta…

di Guerrino Franzini