Gennaio 1945
01 – Reggio Emilia
Scontro a fuoco sulla via Emilia, in località Villa Masone, fra due gappisti e due militari della GNR. Muore un ufficiale repubblicano in borghese, mentre i due partigiani feriti sono aiutati a nascondersi da alcuni contadini della zona.

03 – Fellegara (Scandiano) 
Il movimento clandestino decide di colpire alcune spie della zona scandianese che impedivano lo sviluppo dell’attività della resistenza. Le spie rimaste denunciano alcuni giovani di Fellegara e, la notte del 3 gennaio, la Brigata nera rastrella il paese. Quattro giovani vengono trattenuti e, dopo essere stati torturati, vengono caricati su di un camion per essere portati a Scandiano. Sul ponte del Tresinaro il camion incappa in una pattuglia partigiana, nello scontro muore un fascista. Renato Nironi, Nemo Gambarelli, Roberto Colli e Mario Montanari sono fucilati sul posto.

04 – Viano
Incontro tra plenipotenziari partigiani e nazifascisti in Viano per uno scambio di prigionieri. Viene scambiato solo un ufficiale tedesco con il gappista Rino Soragni, da tempo prigioniero dei tedeschi.

05 – Boretto
Il sappista Felice Montanari,”Nero”, assediato dai tedeschi all’interno del casello ferroviario n. 23 sulla strada fra Poviglio e Boretto, dopo una lunga resistenza si uccide per non cadere prigioniero.
Nato a Canneto sull’Oglio (MN), a 16 anni aderì alla Resistenza. Nell’autunno del 1944 aveva già da mesi abbandonato la zona di nascita perché ricercato dai fascisti in seguito ad azioni compiute nel mantovano (a Mantova i tedeschi avevano ucciso sette ostaggi, fra i quali un suo amico di nome Corradini). In un primo tempo, nell’estate del 1944, Nero aveva raggiunto i partigiani in montagna, ma successivamente, in seguito ai rastrellamenti tedeschi, rimasto sbandato, era stato costretto a rifugiarsi a Castelnovo Sotto. In quel paese, ospitato dalla famiglia Altare, si aggregò ad un gruppo di partigiani comandati da Marat, Licinio Tedeschi.
Partecipò a molte azioni e per ultima, alla cattura di un ufficiale tedesco, quella che gli costò la vita.

07-11 – Appennino reggiano e modenese
Inizio di un grande rastrellamento sull’Appennino reggiano e modenese. Durerà alcuni giorni. Si avranno vari combattimenti. Nelle prime ore dell’8, truppe tedesche in rastrellamento sorprendono a Gatta un corpo di guardia partigiana. Vengono catturati, torturati e uccisi 9 partigiani (Vasco Mandini, Sergio Stranieri, Aristide Sberveglieri, Armando Ganapini, Aldo Bagni, Angelo Masini, Arturo Roteglia, Bruno Manlio, Ruggero Silvestri), mentre altri 2 verranno fucilati a Ciano (Gino Ganapini e Carlo Pignedoli).Il rastrellamento prosegue a sud del Secchia anche nei giorni successivi. Molto faticosi gli spostamenti per i partigiani a causa della rigidità del clima. Il giorno 11 cadono i partigiani Aldo Dall’Aglio, Giuseppe Orlandini, Dante Zanichelli, Bruno Gasparini, Francesco Ceccardi e Domenico Bondi. Perdite partigiane nel corso del rastrellamento 17 morti, 10 feriti, 20 congelati. Perdite tedesche, 65 tra morti e feriti. Verso il 20 gennaio la zona verrà nuovamente occupata dai partigiani.
Nato a Morsiano di Villaminozzo nel 1908, Domenico Bondi Fioravante l’8 settembre ’43 prestava servizio nei reali carabinieri di Bologna da 16 anni. Alla fine di settembre si rese conto che avrebbe dovuto giurare fedeltà alla costituenda Repubblica sociale di Mussolini. Disertò, rifugiandosi a Morsiano, il suo paese natale. Qui prese contatto con i maggiori in SPE Antonio Ganci e Pietro Guarnera, ufficiali antifascisti. Qui Bondi svolse attività di propaganda presso i giovani del posto incitandoli a non presentarsi alle varie chiamate alle armi, come pure per il servizio del lavoro e opera di convincimento presso i contadini a non consegnare i prodotti agricoli all’ammasso. Successivamente Bondi prese contatti con la banda di Armando e quando quest’ultimo si spostò altrove, egli entrò nella Brigata Garibaldi (poi 26a) con il compito di Intendete di Brigata, ma partecipò a diversi scontri armati. A Secchio fu catturato dai tedeschi, torturato e poi fucilato a Ciano d’Enza il 26 gennaio 1945. Gli è stata conferita la medaglia d’oro alla memoria al valor militare.
Nato a Reggio Emilia nel 1919, Aldo Dall’Aglio Italo, era un maestro e membro attivo dell’Azione cattolica. All’ 8 settembre ’43 era sottotenente di complemento di fanteria. Partigiano prima nelle Brigate Garibaldi in qualità di comandante di battaglione, alla costituzione delle Fiamme Verde passò nelle loro fila quale vice comandante. Cadde in combattimento sul Monte Prampa il 10 gennaio 1945 mentre tentava di arginare una pericolosa infiltrazione tedesca nello schieramento partigiano. La Brigata Fiamme Verdi assume il nome di “Italo” in suo onore. Gli è stata conferita la medaglia d’argento alla memoria al valor militare.

08 – Reggio Emilia
Condanna a morte di quattro dirigenti del Comando Piazza.

13 – Reggio Emilia
Esecuzione capitale, nel cortile della caserma “Zucchi”, del solo Angelo Zanti del Comando piazza.
Nato a Cavriago (Reggio Emilia) nel 1896, aderì nel 1921 al PCdI e lottò contro lo squadrismo fascista, finché dovette abbandonare Cavriago per lavorare, sempre come falegname, in vari paesi della provincia reggiana. Nel 1923 emigrò ad Argenteuil, in Francia e nel 1925 gli fu affidato l’incarico dal PCdI di rientrare in Italia per svolgere attività clandestina. La sua abitazione di Cavriago divenne, da allora, luogo di riunioni dell’Interregionale comunista e stamperia dell’ Unità quindicinale clandestina per le province di Reggio, Parma e Modena. Nel 1929, scoperto dalla polizia fuggì nuovamente in Francia. Arrestato ed espulso nel 1931 per la sua attività clandestina, si trasferì a Nizza, dove dal 1932 fu tra gli animatori dell’Unione popolare italiana e dal 1936 svolse un’intensa attività in favore della repubblica spagnola. All’inizio della seconda guerra mondiale fu estradato in Italia e confinato a Ventotene (8 marzo 1940), dove rimase fino all’agosto 1943. Dopo l’8 settembre 1943 aderì alla resistenza nel reggiano diventando nell’estate del 1944 ufficiale di collegamento, con il nome di copertura Amos, tra il Comando piazza di Reggio, le formazioni della montagna e il Cumer (Comando unico militare Emilia Romagna) avente sede a Bologna. Arrestato il 27 novembre 1944 insieme ad altri membri del Comando piazza (L. Ferrari, A. Oliva, Calvi e G. Prandi), venne ferocemente torturato a Villa Cucchi, poi processato e condannato a morte con i compagni dal Tribunale straordinario militare di guerra di Reggio Emilia (8 gennaio 1945). Per intervento del colonnello nazista Eugenio Dollmann, fu l’unico del Comando piazza ad essere ucciso, in quanto membro del Partito comunista italiano. Gli è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare alla memoria.

20 – Montecchio
Nel tentativo di arrestare due spie fasciste, in zona Aiola, rimaneva ucciso Mario Grisendi, gappista, medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Nato a San Polo d’Enza nel 1919 fu sempre antifascista.
Chiamato alle armi come carrista, perse una gamba in Africa settentrionale, nei pressi di Tobruck, nel dicembre 1940. Fatto prigioniero dagli inglesi fu inviato prima in Sud Africa e poi in India. Da qui, due anni dopo, fu rimpatriato su una nave ospedale. Nonostante la grave mutilazione aderì alla resistenza, con il nome di copertura Folgore, nel settore di San Polo d’Enza, Quattro Castella, Bibbiano sino a Ciano d’Enza dal febbraio 1944. Arrestato dai fascisti il 20 maggio del 1944 fu rinchiuso ai Servi e a San Tommaso dove rimase fino al settembre successivo. Scarcerato per mancanza di prove tornò a combattere nelle SAP e nel gennaio 1945 passava ai GAP di Montecchio. “La sera del 20 gennaio 1945 ” racconta Gismondo Veroni “si presentò, coi suoi partigiani, davanti alla casa delle spie fasciste. Bussò alla porta, dall’interno risposero che non avrebbero aperto per nessuna ragione. C’erano nella casa donne e bambini e Folgore non voleva sangue innocente [ ] Egli avrebbe potuto sparare, entrare con la forza, uccidere, ma preferì [ ] discutere e farsi aprire, per arrestare i due fratelli al servizio dei nemici dell’Italia. Uno di questi, rassegnato aprì la porta a Folgore che entrò, assieme ad un compagno. Gli altri due compagni rimasero fuori per prevenire sorprese. Mentre Folgore, dopo averlo disarmato, stava conducendolo fuori, l’altro brigante nero scavalcava la finestra, entrava per una porta laterale e si portava alle sue spalle. Folgore pensò, forse, che fosse il suo compagno e non si curò di voltarsi, ma allorché aperta la porta stava per uscire, una scarica di pistola l’abbattè. Il sopraggiungere di una pattuglia nemica non permise ai suoi compagni di fare giustizia.”

21 – Cavriago
Rastrellamento a Cavriago. Arresto di 41 persone.

22 – Reggio Emilia
Presso Villa Ospizio vengono passati per le armi dai gappisti due rapinatori che, nel compiere le loro imprese, si spacciavano per partigiani.

25 – Correggio
Vasto rastrellamento nel correggese da parte di truppe tedesche guidate da fascisti dell’UPI. A Canolo alcuni comandanti sappisti vengono sorpresi in una casa di latitanza (Bobi). Dopo aver resistito all’assedio, effettuano una sortita per rompere l’accerchiamento: muoiono Vasco Guaitolini Biavati.
Nato a Mandrio di Correggio nel 1914. Nel novembre del ’43 aderì alla resistenza, nei gruppi sportivi della zona di Campagnola. Nel gennaio ’44 gli venne affidato il compito di responsabile del Paramilitare di zona e nel febbraio della stesso anno entrò a far parte dei piccoli gruppi armati. In marzo fu nominato Intendente di zona e, alla loro costituzione, delle SAP. E’ stato decorato con medaglia d’argento alla memoria; e Abbo Panisi Nelson. Nato a Correggio nel 1926, giovanissimo partigiano entra nelle SAP operanti nella pianura reggiana tra la via Emilia il Po. Commissario di Distaccamento. Assediato con alcuni compagni dopo una disperata resistenza effettuava una sortita a colpi di bombe mano nel tentativo di rompre l’accerchiamento, consentendo agli altri partigiani di metettersi in salvo. Gli è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare alla memoria.
– A Fosdondo viene sorpreso e ucciso, assieme alla sorella Vandina (staffetta partigiana), Vittorio Saltini (Commissario piazza, medaglia d’oro alla memoria). Quattordici persone vengono arrestate (tra di esse il sappista Sante Lusuardi, fucilato il 3 febbraio a Reggio Emilia).
Nato a Budrio di Correggio nel 1904, Saltini militò prima nel movimento giovanile socialista e poi aderì, fin dalla fondazione, al PCdI. La sua casa fu più volte incendiata dagli squadristi fascisti. Nel 1926, già attivo dirigente comunista e segnalato come “elemento pericoloso”, dopo alcuni giorni di carcere, dovette emigrare. Rientrato clandestinamente, diresse tra il 1927 e il 1930 il comitato di zona del PCdI per la Bassa reggiana. Emigrato una seconda volta prima in Francia poi in Urss (oggi Russia, ndr), rientrò in Italia nel 1932 e dopo un terzo breve periodo nell’emigrazione, fu arrestato a Parma il 31 novembre 1934. Il Tribunale speciale lo condannò a vent’anni di reclusione. Nelle carceri di Fossano, continuò a svolgere attività clandestina, Liberato dopo il 25 luglio 1943, si stabilì nei pressi di Reggio Emilia, prendendo contatto con l’organizzazione clandestina del PCI. Dopo l’8 settembre gli furono affidati incarichi di direzione nella zona a nord della Via Emilia con il nome di copertura Toti. Nei primi mesi del 1944, eletto segretario della federazione comunista reggiana, divenne anche commissario politico del Comando piazza, nel quale saranno inquadrate la 37a Brigata GAP (che prenderà il suo nome) e le SAP che verranno suddivise, nel gennaio ’45, in 76a e 77a.
Fu il principale animatore delle formazioni partigiane della pianura reggiana. Dimostrò ottime qualità di dirigente e di organizzatore. Partecipò a diversi fatti d’arme, guidando personalemente importanti azioni di combattimento e organizzando la protezione armata di manifestazioni politiche antifasciste. Il mattino del 25 gennaio, dopo aver presieduto una riunione del Comitato federale del PCI a San Prospero di Correggio, rientrò nell’abitazione dei suoi familiari a Fosdondo, ma vi trovò brigatisti neri e tedeschi. Riparò nel fienile dove potè distruggere importanti documenti. Tentò poi la fuga ma fu sorpreso dai nemici che lo abbatterono sparandogli. Gli è stata conferita la medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

27 – Reggio Emilia
All’imbrunire gappisti posano mine presso l’Ortzkommandatur e la Platzkommandatur di Reggio Emilia danneggiando tre automezzi.

28 – Reggio Emilia, ponte sul Quaresimo (via Emilia per Parma) 
La sera del 27 gennaio viene minato il ponte sul Quaresimo. Sulle mine salta una vettura tedesca e nello scoppio restano uccisi un ufficiale e un soldato. Come rappresaglia sul ponte vengono uccisi, il giorno dopo, 10 prigionieri prelevati dalle carceri di Reggio (Socrate Paterlini, Nello Sarti, Giuseppe Violi, Delio Giovanni Govi, Ernesto Rigattieri tutti di Cavriago, Renato Formentini da Massenzatico, Enrico Prandi da Villa Sesso, Vincenzo Terenziani da Villa Rivalta, Ferdinando Cesari da Scandiano e un altra persona rimasta sconosciuta).
Nato a Villa Rivalta (Reggio Emilia) nel 1925, Vincenzo Terenziani Luigi fu giovanissimo partigiano nelle sap (poi 76a Brigata SAP Angelo Zanti), fu comandante di distaccamento e membro del comitato provinciale del Fronte della gioventù. Catturato dalla polizia fascista, sopportò feroci torture e fucilato per rappresaglia il 28 gennaio. Gli è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare alla memoria.

29 – Montecchio
Montecchio, incursione partigiana per impedire un raduno bestiame. Varie perdite nemiche, 11 alpini prigionieri inviati in montagna.
– Rio Saliceto
Rastrellamento a Rio Saliceto. I nazifascisti effettuano numerosi accertamenti domiciliari e arrestano 6 persone.

31
Inizio di un rastrellamento nazifascista sull’Appennino reggiano che si conluderà il 2 febbraio. Non ci sono gravi conseguenze per i partigiani.

Gennaio – Reggio Emilia
Le SAP vengono raggruppate in due brigate: la 76a “Angelo Zanti”, operante dalla zona pedemontana alla via Emilia, e la 77a “F.lli Manfredi”, operante dalla via Emilia al Po. Entrambe dipendono dal Comando provinciale (poi Divisione) SAP.

Febbraio 1945
01 – Reggio Emilia
A San Maurizio in uno scontro fra gappisti e tedeschi rimane ferito un partigiano mentre un tedesco è ucciso.
– Novellara
Alla Bernolda una squadra gappista attacca un automezzo tedesco e reparti di brigatisti neri provocando la morte di un nemico e il ferimento di 4.

02 – Reggio Emilia
Alcuni gappisti, nel tardo pomeriggio, lanciano in corso Garibaldi (Reggio Emilia) una bomba a mano ferendo 5 poliziotti.

03 – Reggio Emilia
Come rappresaglia per il ferimento di cinque poliziotti, avvenuto il giorno prima in Corso Garibaldi, i fascisti prelevano quattro carcerati e li fucilano all’altezza di via Porta Brennone (Cristoforo Carabillò da Palermo, Sante Lusuardi e Dino Turci, entrambi da Correggio, e Vittorio Tognoli da Scandiano). I cadaveri sono lasciati sul posto come monito.

07
Alcuni sappisti fanno disertare ed inviano poi in montagna 14 russi incorporati in reparti tedeschi.

08 – Correggio
Gappisti prelevano l’ispettore generale delle fosse anticarro e vice podestà di Correggio, intreprete per conto dei tedeschi e informatore per conto dei nazifascisti. E’ passato per le armi.

09 – Reggio Emilia
Fucilazione, presso Villa Cadè, di 21 ostaggi prelevati dalle carceri di Parma, per reazione ad attacchi partigiani sulla via Emilia ad una colonna di camion tedeschi avvenuti la sera del 7 (i reggiani Fausto Abbati e Stefano Mazzacani da Casalgrande, Lino Ghidoni da Albinea, da altre province vicine: Bruno Affanni, Mirco Andreoli, Athos Bolzani, Lino Bottali, Marcello Cavazzini, Elio Dresda, Eugenio Fontana, Servente Gabelli, Arnadlo Ghirelli, Umberto Guareschi, Silvio Monica, Angelo Padovani, Ettore Plathbec, Flaminio Ragazzi, Paride Sacco, Antonio Schiavi, Bruno Ghinolfi e un altro sconosciuto).

12 – Sant’Ilario
Due squadre di garibaldini e sappisti attaccano in due diversi punti della via Emilia (presso Calerno), automezzi tedeschi. Il Comando germanico ordina una nuova rappresaglia.

13 – Reggio Emilia
A Villa Ospizio gappisti attaccano un reparto di cavalleria tedesco causando un numero imprecisato di morti e feriti.

14 – Sant’Ilario
Fucilazione a Ponte Cantone di Calerno di 20 ostaggi prelevati dalle carceri di Parma come rappresaglia alle azioni del 12 (Egidio Gardini, Renzo Melloni, Giuseppe Bellini, Antonio Gandolfi, Aldo Pasquali, Oreste Tosini, Amos Montecchi, Bruno Faustini, Angiolino Tanzi, Pierino Avanzi, tutti di Parma; Guido Botti, Franco Molinari, Paride Zanatti, Raimondo Fermi, Nello Avanzi, Giulio Resmini, tutti di Piacenza; Corrado Barresi e Giacomo Bernardelli di Napoli; Nicola Cosimo Salvo di Messina).
– Bagnolo in Piano
rappresaglia contro l’uccisione di due militi prelevati dalle loro case, rastrella nove antifascisti ed il Commissario prefettizio, che si è rifiutato di dichiarare la colpevolezza degli arrestati, e li uccide a raffiche di mitra (Aristide Carboni,Carlo Formentini, i fratelli Otello e Oreste Gibertoni, Evres Lazzaretti, Primo Malaguti, Emilio Mattioli, Licinio Tedeschi, Armando Storchi e Imerio Tondelli).
Nato a Bagnolo in Piano nel 1915, Evres Lazzaretti Ottaviano apparteneva all’organizzazione clandestina del PCI, nel 1937 fu condannato dal Tribunale speciale a 5 anni di confino. Organizzatore dei gruppi armati dopo l’8 settembre, fu egli stesso gappista (poi 37a GAP Vittorio Saltini) in pianura. Venne catturato dalla Brigata nera il 14 febbraio 1945 e fucilato. Gli è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare alla memoria.

15 – Pianura reggiana
Sabotaggio simultaneo in tutta la pianura reggiana. Circa 1000 pali telefonici abbattuti dai sappisti.

16 – Reggio Emilia
Attacco gappista a un posto di blocco fascista nei pressi del cimitero suburbano. Nella ritirata è uccisa una sentinella tedesca.

17 – Ligonchio
In seguito alla fucilazione di Zanti, avvenuta il 13 gennaio, gli organi dirigenti della Resistenza ordinano la fucilazione del comandante del distretto militare col. Francesco Battaglia, catturato tempo prima dai partigiani. L’esecuzione viene effettuata a Ligonchio.

24 – Ligonchio
Aerei alleati mitragliano e spezzonano la centrale di Ligonchio difesa dai partigiani in accordo con la Missione inglese. Gli altri attacchi si erano verificati nei gg. 15, 22 e 23. Il Capo della Missione, mentre avverte le basi alleate nell’Italia libera, ordina di sparare, d’ora in poi, sugli aerei. Non vi saranno altri attacchi.
Viene costituita, con la divisione in due della 26a Brigata, la 145a Brigata Garibaldi, che ha il compito specifico di difendere la centrale idroelettrica di Ligonchio, secondo un piano che viene concordato con la Missione militare inglese.

27 – Battaglia di Fabbrico
Combattimento tra fascisti e partigiani. Liberazione di 22 ostaggi e numerose perdite fasciste e naziste. Tre partigiani e un “civile” perdono la vita (Piero Foroni, Leo Morellini, Luigi Bosatelli e Genesio Corgini).

28 – Cadelbosco Sotto
Presso Cadelbosco Sotto, fucilazione di 10 ostaggi tra cui Paolo Davoli (Luigi Rigolli, Amedeo Rossi, Salvatore Garilli, Andrea Garilli e Tito Da Parma di Piacenza; Medardo Pagliani e Fermo Pedrazzoli di Correggio; Ferruccio Ferrari ed Erio Benassi di Reggio Emilia).
Nato a Villa Cavazzoli (Reggio Emilia) nel 1900, Paolo Davoli aderì alla federazione giovanile socialista poi, fin dalla sua fondazione, al PCdI. Perseguitato dai fascisti, nel 1924 dovette emigrare in Francia, dove continuò la sua attività all’interno delle organizzazione politiche degli esuli, mentre lavorava come sarto. Rientrato in Italia nell’estate del 1936, approfittando di un’amnistia per i “fuorisciti incensurati”, vi rimase solo 15 giorni. Rientrato in Italia, nel 1941, su incarico del partito comunista per i riorganizzare il partito dopo il “processone” del 1939 prima e il richiamo alle armi dopo. Dall’ottobre 1942, abbandonato il mestiere di sarto, entrò come manovale alla Lombardini. In seguito a delazione, fu arrestato nell’aprile del 1943 e, ancora in stato di detenzione, deferito al Tribunale speciale. Liberato dopo il 25 luglio ’43 entrò subito in contatto con il suo partito. Dopo l’8 settembre 1943 fu tra i primi organizzatori della Resistenza nel Reggiano, con il nome di copertura Sertorio, dirigente del CLN e Intendente del Comando piazza. Il 30 novembre 1944 fu catturato assieme agli altri membri dell Cln e sottoposto a tortura. Tre mesi dopo venne fucilato nei pressi di cimitero di Cadelbosco Sotto assieme ad altri 9 ostaggi. Gli è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare alla memoria.
Raccontano testimoni che Paolo Davoli fu fatto sedere su un fornello elettrico acceso, fu colpito con 120 nerbate e straziato con un ferro rovente. Approfittando di una breve distrazione dei suoi aguzzini si gettò da una finestra, ma non rimase ucciso come avrebbe voluto: si fratturò solamente una gamba. Lasciato per 48 ore senza cure, fu poi condotto alla caserma della “Muti”, dove un chirurgo gli amputò l’arto ferito. Dopo una ventina di giorni i fascisti lo riportarono alla “Villetta” in via dei Servi, il carcere della Brigata nera, e ripresero a torturarlo. Coloro che gli diedero sepoltura constatarono le orribile mutilazioni provocate dall’inutile ferocia fascista.

Febbraio
Viene organizzata su vasca scala la distruzione degli stati di famiglia che i nazifascisti fanno obbligatoriamente affiggere alle porte delle case per rendere possibile, durante i rastrellamenti, la individuazione delle persone latitanti. Migliaia e migliaia sono i documenti distrutti in tutta la provincia da GAP e SAP.
(dalla Cronologia di Guerrino Franzini, a cura di Glauco Bertani ).