RS 126/2018
Andrea Delmonte, Chiedilo al vento, Compagnia editoriale Aliberti, Reggio Emilia 2017, pp 128, 13 euro
di Giovanni Guidotti

Sulla copertina una pietra d’inciampo e nelle prime pagine del libro un quesito: “Chi è Lazzaro Padoa?” Da questo interrogativo nasce Chiedilo al vento, romanzo di Andrea Delmonte sul genocidio degli ebrei il cui titolo richiama La canzone del bambino nel vento di Guccini, meglio conosciuta come Auschwitz. Iniziando da quella domanda e dalla targa con la quale un liceo reggiano ha dedicato la biblioteca a Padoa, due studenti, Mattia e
Francesco, compiono un viaggio tra presente, passato, luoghi e persone della nostra città, anch’essa raggiunta nel ventennio fascista dal turbine della Shoah (in ebraico “distruzione”). Con l’aiuto di un loro professore i protagonisti ripercorrono, seguendo pietre d’inciampo e lapidi, le strade dell’antico ghetto (nel centro di Reggio fra le vie Emilia Santo Stefano, Caggiati, San Rocco, Monzermone), e successivamente via Dante Alighieri, viale Monte San Michele e via Emilia San Pietro, per cercare notizie dettagliate sia sulla comunità ebraica d’un tempo, sia sulle vicende di intere famiglie annientate nei campi di sterminio, quali i Melli, col figlio Giorgio, unico sopravvissuto, condotto alla follia dal persistente ricordo dei genitori catturati sul confine svizzero, ad un passo dalla salvezza. Mediante un linguaggio diretto, ricco di espressioni e riferimenti strettamente connessi al mondo giovanile, da Mister Wiki alle riproduzioni di Google Maps sullo schermo d’uno smartphone, l’autore affronta temi e itinerari storici di notevole complessità con un approccio divulgativo (alla fine del volume è stato inserito anche un glossario dal titolo La Shoah dalla A alla Z), senza tuttavia perdere di vista un intreccio di fatti che rende il testo accattivante, con la risposta finale al quesito su chi era Padoa: un uomo austero, gentile, riservato, un intellettuale d’origine ebraica non vittima del genocidio, però costretto dalle leggi razziali a nascondersi ed impossibilitato, sino al termine della guerra, a svolgere l’attività di docente; autore di un saggio sugli ebrei a Reggio e a Scandiano; insegnante di latino e greco, amante dei testi di Socrate, Tacito ed Euripide dove si parla di libertà e giustizia. “Chiedere al vento è sinonimo di essere curiosi verso ciò che ci circonda. È ciò che insegnava il professor Lazzaro Padoa”. Con queste parole e una nuova consapevolezza in Mattia e Francesco si conclude la narrazione, che può offrire ai lettori giovani, soprattutto agli studenti delle scuole medie, una preziosa occasione non solo per conoscere eventi, personaggi e luoghi legati alla Shoah, ma anche per riflettere sul significato, l’attualità di alcuni versi di Primo Levi tratti da Se questo è un uomo, riportati da Delmonte in uno degli ultimi capitoli del libro: Voi che vivete sicuri / Nelle vostre tiepide case, / Voi che trovate tornando a sera / Il cibo caldo e visi amici: /
Considerate se questo è un uomo. / Che lavora nel fango / Che non conosce pace / Che lotta per mezzo pane / Che muore per un sì o per un no.