Il 4 agosto 1924 muore all’Ospedale di Parma Giulio Gorini, operaio e antifascista di 37 anni residente a Cadelbosco di Sopra.
GIULIO GORINI
(Castelnovo di Sotto 23.4.1887 – Parma 4.8.1924)

Giulio Gorini nasce il 23 aprile 1887 a Castelnovo di Sotto (RE). Figlio di una famiglia operaia, si interessa presto alla politica e poco più che adolescente si iscrive alla Federazione Giovanile Socialista. Probabilmente proprio in questo contesto conosce la sua futura moglie, Gelsomina Cagossi, di cinque anni più giovane e iscritta all’Avanguardia giovanile del partito. Non passa molto tempo che la coppia decide di trasferirsi nella vicina Cadelbosco di Sopra, dove Giulio trova lavoro come marmista, e il 4 agosto 1913 nasce il loro figlio Ideale. Gorini, anche grazie all’amicizia di Torquato Gobbi, comincia a frequentare il gruppo anarchico reggiano “Spartaco”, ne segue le attività e comincia a diffondere la stampa libertaria. Allo scoppio del primo conflitto mondiale Giulio, da sempre contrario alla guerra, diserta e si nasconde nelle campagne della Bassa reggiana. Intorno al 1918 viene sorpreso dai carabinieri vicino all’Ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, mentre tenta di far visita alla madre malata. Arrestato in attesa di giudizio l’anno successivo viene condannato a 7 anni di carcere per poi essere liberato con l’amnistia. La crisi economica, il carovita, la disoccupazione, il marchio di “disertore” e le continue minacce fasciste lo convincono a fare una scelta drastica. Intorno al 1921 lascia Gelsomina e Ideale a Cadelbosco e parte per la Svizzera alla ricerca di lavoro. Affascinato dalla Rivoluzione sovietica nel paese elvetico si avvicina alle idee del partito comunista. Tornato in Italia viene nuovamente preso di mira dai fascisti che notano subito il suo ritorno a casa. Il 1° maggio 1923 si astiene dal lavoro, si veste con i suoi abiti migliori e si reca in centro a Reggio Emilia. Riconosciuto per strada dalle camicie nere viene immediatamente fermato, i fascisti gli intimano di andarsene a lavorare e al suo rifiuto cominciano a picchiarlo. Dell’episodio di Giulio Gorini ne parla anche, in una dettagliata testimonianza, anche l’amico Torquato Gobbi in uno scritto, pubblicato sul settimanale anarchico “L’Adunata dei Refrattari” di New York, nel febbraio 1956: “Il 1° maggio 1923 quando il terrore dello squadrismo fascista era in pieno, volle astenersi dal lavoro e, vestitosi con gli abiti migliori, andò in giro per la città. Un gruppo di fascisti che lo conoscevano lo affrontarono dicendogli che la festa del Primo Maggio era abolita, gli intimarono di andare a casa, vestirsi degli abiti del lavoro e andare a lavorare. Lui rispose che si sentiva libero di far quello che voleva”. Trascinato a bastonate per le vie del centro di Reggio Emilia, viene portato dentro alla sede del Fascio in via Don Andreoli dove viene nuovamente picchiato e poi rilasciato con gravi ferite. Conseguentemente alle percosse subite non riesce più a riprendersi, cominciando un vero e proprio tracollo fisico. Nell’estate dell’anno successivo viene ricoverato all’Ospedale di Parma dove muore il 4 agosto 1924.

*nella foto Giulio Gorini, foto pubblicata su “La verità” del 27 gennaio 1946